Cronache

Il partito mette in croce il compagno cattolico

Il partito mette in croce il compagno cattolico

Il compagno ormai è un ex compagno. E allora dagli all’ex compagno. L’uscita di Massimo Colombo da Rifondazione comunista per una scelta di coscienza non è piaciuta al resto del partito. Di più, non è piaciuto il fatto che Colombo abbia spiegato di aver abbandonato falce e martello per colpa dei Dico, perché da cattolico ha preferito ascoltare il Papa che Giordano, ha scelto la sua fede in Dio a quella in Marx. Anche perché questa sua posizione non è passata sotto silenzio. Ha fatto discutere che mentre la cattolicissima Rosy Bindi preparava il disegno di legge sui Dico, Rifondazione comunista perdesse i pezzi per una posizione anticlericale. E così a Savona, l’uscita di Massimo Colombo ha provocato un mezzo terremoto.
Se l’ex compagno ha dichiarato di lasciare perché «si è reso conto di non condividere le scelte del partito», ma di non voler fare polemiche, i responsabili locali di Rifondazione hanno preferito far sapere che semmai sono loro a sbattergli la porta in faccia e a cacciarlo. I toni del comunicato della segreteria provinciale di Savona sono questi. «In merito alla indegna campagna di stampa che in questi giorni sta montando sui giornali e su internet vorremmo precisare - scrivono i membri del direttivo del partito - che Massimo Colombo, che oggi strumentalizza la sua posizione in merito ai Dico e a quant'altro gli torna utile dire per acquisire visibilità a qualsiasi costo, non ha mai avuto nel partito una presenza che gli desse un qualsiasi rilievo nelle decisioni prese, e conta per uno e niente di più». I ruoli che gli erano stati assegnati a livello sia provinciale sia regionale, evidentemente, erano solo di facciata. Ma soprattutto, continuano i firmatari del comunicato, «se oggi si è lasciato prendere da una smania di protagonismo irresistibile, è un problema suo; ma non può negare l'evidente incompatibilità delle sue posizioni con la linea del partito sulle questioni dei diritti civili, individuali e collettivi, portate avanti fin dalla formazione del partito stesso».
Piera Barberis, Giorgio Barisone, Armando Codino, Giuliana Cornetti e Marco Sferini ricordano all’ex compagno che «quando cita lo statuto non sottolinea con la dovuta attenzione l'intero dispositivo, là dove si afferma che “possono aderire al partito coloro che hanno compiuto il quattordicesimo anno di età e che indipendentemente dalla etnia, dalla nazionalità e dalla confessione od opinione religiosa, ne condividono il programma e i valori fondativi”, fatto, quest'ultimo, che per Colombo evidentemente non ricorre». La porta è quella.

Colombo l’ha già trovata.

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