Gianni Pennacchi
da Roma
Al grido di «partito unitario subito», hic et nunc «o mai più», ecco muovere al contrattacco nella Cdl gli «uniati»: quasi un ultimatum, certamente una sferzata ai più tiepidi e a quanti serano rassegnati al rinvio del progetto di casa comune dopo le elezioni. «Con Casini si è registrata unampia convergenza», ha detto Marcello Pera a conclusione della performance. Più che una «convergenza», quella che sè palesata ieri tra i due presidenti delle Camere al convegno organizzato dalla Fondazione Magna Carta sembra in verità un combinato disposto, una manovra congiunta per rivitalizzare un tormentone e trarre dalle secche lalleanza di governo. E ad applaudire i due autorevoli campioni della riscossa unitaria cera il fior fiore degli «uniati» che han ripreso vigore, dopo le delusioni incassate di recente: Ferdinando Adornato e Adolfo Urso, Fabrizio Cicchitto e Alfredo Mantovano, Gustavo Selva ed Elio Vito. Cera pure il governatore Roberto Formigoni, anchegli entusiasta nel perorare «un partito nuovo dei moderati italiani» da fare «subito, per presentarlo alle elezioni politiche del 2006» ovviamente accompagnato da «una riforma della legge elettorale in senso proporzionale». E cera pure Marco Follini, a ricordare che il «partito unico non cè» - il tema sta relegato «ormai nelle pagine interne dei giornali» - però assecondando lamico e mentore Pierferdinando, perché «ci può essere un grande partito moderato: ma o si fa o si lascia perdere».
E Casini muove proprio da Follini, spiegando che sì, quella di «partito unico» è una definizione «sbagliata», non esiste oggi né ci sarà mai, però quello di «un partito dei moderati è un tema per loggi e non per il domani: meglio farlo subito, altrimenti meglio non parlarne più». Unora dopo, nellintervento conclusivo, il presidente del Senato gli ha fatto eco ammonendo che «non cè più tempo da perdere né da aspettare, non servono reticenze, rinvii o astuzie: il partito unitario lo si fa oggi, non domani o dopo le elezioni quando non serve più». Chiamatela «convergenza», ma è totale e dacciaio. Anche sulla legge elettorale, che ovviamente va cambiata adesso perché «in tutti i Paesi del mondo si discute di legge elettorale un anno prima delle elezioni politiche», insegna il presidente della Camera senza timore di ammettere: «Sì, sono deluso del maggioritario». Così Pera, che spiega come il maggioritario «è andato storto rispetto agli ideali e alle aspettative», dunque attenti: la legge elettorale in vigore è «un ostacolo alla formazione di un partito di coalizione».
I toni sono da estremo appello. «Se non è possibile farlo oggi non parliamone più», dice Casini. «Se nessun altro vuole, lo faremo in due», risponde Pera guardandolo, «e lo chiameremo partito gemellare». Ambedue affannandosi a ribadire che «il problema non è la leadership». Già, che ne pensa Silvio Berlusconi? Il premier è atteso domani a un altro convegno, sullo stesso tema ma allargato agli orizzonti europei, e forse risponderà. Nel frattempo Casini non risparmia le autocritiche alla Cdl che suonano frecciate allindirizzo di Berlusconi: bravo il premier contro levasione fiscale, ma «meglio se lavesse fatto prima»; e per la riforma costituzionale voluta dalla Lega, non era «più saggio pensare a unassemblea costituente»? Lascia quasi intendere che sia possibile ancora far marcia indietro: del resto lassemblea costituente «che nella prossima legislatura avrebbe dovuto occuparsi» della Grande riforma federale, andrebbe anchessa eletta «proporzionalmente».
Casini alza con forza e decisione, mentre Pera gli sostiene il braccio, la bandiera di un partito dei moderati «di massa, popolare, riformatore, cattolico e liberale». La «piattaforma culturale» cè - Pera conferma - ed è «un fatto politico» la disponibilità di An e Udc. Che vogliamo fare, «la figura della montagna che partorisce il topolino?».
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