A PASQUETTA SIAMO TUTTI DOTTORI

Oltre al voto, c’è qualcos’altro, sicuramente un po’ meno fondamentale, che spacca l’Italia in due. Giornali e telegiornali in questi giorni fanno un fastidioso abuso del termine Pasquetta per indicare l’antico Lunedì dell’Angelo. È vero che per qualunque quotidiano, che sia Il mattino di Napoli o il Corriere della Sera di Milano, è molto più semplice comporre un titolo del tipo «Pasquetta sotto la pioggia», «Milioni di auto in coda a Pasquetta», «Tutto esaurito a Pasquetta». Diverso il discorso per i tiggì, che non hanno alcuna necessità di sintesi (e purtroppo si sente) nei servizi dedicati alle vacanze o alla meteorologia. Eppure Pasquetta irrompe di continuo sul teleschermo sia che si parli dell’intensità del traffico, sia delle previsioni del tempo, sia delle destinazioni care ai turisti. Ciò non toglie che dalla linea gotica in su si continui a chiamare il giorno dopo Pasqua il Lunedì dell’Angelo. Se «Pasquetta» divide Nord e Sud, c’è il leccapiedismo ad unirli. La smania per l’adulazione trova terreno fertile su tutte le reti e in ogni programma, dove i «dottori» spuntano come porcini. Quasi più che nei posteggi («Venga avanti dotto’») e negli uffici pubblici («No, il dottore è fuori stanza»). A Porta a porta non c’è ospite, leader di partito compresi, che non si rivolga con deferenza al conduttore, «dottor Vespa» di qua, «dottor Vespa» di là. Come piaggeria impone. Lunedì sera è salito agli onori della cronaca, ma ne avrebbe fatto volentieri a meno, il presidente della Nexus, Fabrizio Masia, diventato famoso per aver sbagliato dieci sondaggi su dieci. Eppure, anche dopo averlo fatto bersaglio dei loro perfidi sfottò, i contestatori seguitavano a chiamarlo «dottor Masia». Sempre all’insegna dell’arruffianamento. E che dire delle previsioni del tempo in onda nel chilometrico Tg5 delle otto (del mattino)? Ogni giorno il conduttore di turno, gli ultimi due sono stati Gioacchino Bonsignore e Carlo Gallucci, si collega con il Centro Epsom per saper se ci tocca uscire con l’ombrello. Se dall’altra parte c’è il colonnello Foglia o il colonnello Giuliacci, niente da obiettare: i gradi li hanno conquistati sul campo. Ma il «dottor Salerno» e il «dottor Di Pierro», prodighi di «fenomeni» e «rovesci temporali», sono pediatri, oculisti o ortopedici? Forse laureati nella stessa università del vicequestore Rosanna Barisano, che poco prima dell’oroscopo ci anticipa, in perfetto polizio-burocratese, se ci sono ingorghi sul grande raccordo anulare di Roma. Ricevendo in cambio un ossequioso «grazie alla dottoressa Barisano».

Perché non facciamo come in tutti i Paesi civili dove il titolo di dottore spetta soltanto ai medici e non ai Galliani e ai Moratti, ai Montezemolo e agli Abete? E ora laviamioci la lingua. Nel senso dell’italiano, beninteso.

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