È passato l’effetto Chernobil: gli italiani dicono sì alle centrali

Quasi il 50% favorevole a un ritorno al nucleare Aziende penalizzate dagli alti costi energetici

da Milano

Gli italiani sono preoccupati, e in modo unanime (il 91,4%), dalla eccessiva dipendenza del Paese dai fornitori stranieri di energia. E in una buona maggioranza (il 49,6%) ritengono che sarebbe opportuno affrancarsi da questa sudditanza tornando a sfruttare l’energia nucleare. Ovviamente a uso civile. A dirlo sono i risultati di un sondaggio commissionato dalla società Analisi Politica (www.analisipolitica.it) e realizzato in esclusiva per il Giornale dallo studio di consulenza e ricerche Ferrari Nasi & Grisantelli di Milano su un campione di 773 casi, rappresentativo della popolazione italiana adulta.
E «adulto» sembra essere l’attributo giusto per descrivere il risultato. Perchè la prima sensazione di sintesi è che dal conto delle teste e delle mezze teste (è la statistica!) emerga il ritratto di un Paese meno pavido - forse perchè più informato - che sembra aver rimosso le diffuse paure circa l’utilizzo dell’atomo. Paure che erano sfociate nel referendum abrogativo del 1987 che aveva bloccato la ricerca in materia e quindi la costruzione di centrali nucleari in Italia.
Ma ecco i risultati in dettaglio. I quesiti erano tre e chiedevano un parere su altrettante affermazioni. La prima delle quali era: «Siamo troppo dipendenti da Paesi stranieri per il nostro fabbisogno di energia nazionale». Il 77% del campione si è detto «molto» d’accordo. Percentuale che sommata al 14,2% degli «abbastanza», sancisce che al 91,4% (cioè alla quasi unanimità) gli italiani percepiscono la nostra dipendenza energetica. Residuali, a questo punto, gli altri pareri: 2,9% i «poco» d’accordo, il 2,4% i «per nulla» e il 3,3% quelli che in merito optano per un «non so».
Alla seconda affermazione - «Il fatto che l’energia costi così tanto, in Italia, penalizza il nostro sistema industriale» - il campione intervistato ha risposto con percentuali che in pratica riflettono quelle della questione precedente. Un complessivo 89,4% (74,9% di «molto», più 14,5% di «abbastanza») è infatti conscio di questo handicap competitivo che di fatto zavorra le nostre imprese nel confronto internazionale. Quelli che invece sembrano tenere la questione in «non cale» sono in tutto il 6,4% (4,6% i «poco» d’accordo più 1,8 dei «per nulla»); 4,2% i «non so».
Ma è sulla terza affermazione, quella relativa al ritorno all’atomo - «L’Italia dovrebbe tornare a sfruttare l’energia nucleare per uso civile» - che gli italiani dimostrano di aver perso in buona maggioranza le loro paure. Si è espresso così il 49,6%. Risultato derivante dalla somma tra il 33,4% dei «molto» d’accordo e il 16,2% degli «abbastanza». Distaccati di ben 8,1 punti percentuali i contrari all’atomo: di questi, il 14,2% si è detto «poco» d’accordo e il 26,9% «per nulla». Non pochi i «non so», il 9,3%.

Ma è interessante notare che i risultati odierni circa la necessità di tornare al nucleare hanno ribaltato quelli (sullo stesso tema) del luglio 2005, cioè meno di due anni fa. Allora i pro atomo erano stati il 40,2% versus il 46,7% dei contrari.

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