da Palermo
Prima la firma in commissariato, dove dovrà recarsi tre volte a settimana. Poi una visitina alla stazione dei carabinieri, per conoscere il comandante. Quindi una passeggiata per le vie del paese, la sosta in piazza, seduto su una panchina. Un po di spesa - è rientrato con tre sacchetti e una scatola termica di polistirolo - il pranzo nella storica casa di vicolo Scorsone 24, e nel primo pomeriggio di nuovo via, a bordo di una Punto grigia guidata da unamica che lo ha chiamato suonando il clacson. Per i cronisti che invano lo hanno atteso e tallonato per tutta la mattina a caccia di unintervista, di una battuta, pochissime parole: «Vi saluto, arrivederci. È inutile che state qui da stamattina. Non ho niente da dire».
Primo giorno praticamente da libero cittadino per Giuseppe Salvatore Riina, Salvuccio per tutti, per distinguerlo dal padre. Libero cittadino o quasi - oltre alla firma non può uscire di casa prima delle sette del mattino e deve rientrare entro le otto di sera - con obbligo di dimora in un paese che, una volta scrollatosi di dosso, dopo gli arresti di Riina padre e di Bernardo Provenzano, la nomea di capitale di Cosa nostra lo guarda con diffidenza, quasi con fastidio. Nessuna festa, nella Corleone rinnovata, per il ritorno a casa del terzogenito del boss che un tempo era il leader indiscusso del paese e della mafia siciliana tutta. Niente manifestazioni di gioia per un ritorno che nessuno, a Corleone, si aspettava né voleva. Perché quello di Salvuccio è un rientro che fa paura, tanto più in una situazione estremamente fluida qual è quella della mafia palermitana dopo gli ultimi arresti eccellenti. E la paura, in paese, è palpabile. Solo il sindaco, Antonio Iannazzo dà voce al disagio, dice che sarebbe stato meglio non liberarlo affatto, o almeno mandarlo a vivere da qualche altra parte. E giura: «Di una cosa il giovane Riina stia certo, la città non è quella che lui ha lasciato anni fa. Cè stato un cambiamento profondo, ed è maturata la consapevolezza del vantaggio della legalità. Certo, la sua presenza a Corleone ci mette in difficoltà. Ma diciamo ai giovani di stare attenti alle loro frequentazioni. E staremo attenti a scongiurare il rischio che organizzi affari illeciti».
È cambiata davvero Corleone? Forse sì. In tempi diversi una «vittoria» quale la scarcerazione sarebbe stata oggetto di festeggiamenti, Salvuccio non si sarebbe ritrovato da solo a spasso per le vie del paese come è accaduto ieri mattina. Ma la paura cè. E si percepisce nelle parole della gente comune che al cronista che chiede un commento risponde quasi a monosillabi. «È un bravo ragazzo, educato», dice un giovane vicino alla piazza. E un altro: «Paga il prezzo di portare il cognome di suo padre, lui con la mafia non centra, altrimenti la Cassazione non lo avrebbe scarcerato». Già, la Cassazione. La ridda di polemiche che si stanno scatenando a causa dellarresto non tocca la Suprema corte, ma i tempi biblici della vicenda giudiziaria che ha visto Giuseppe Salvatore Riina protagonista. «Come ministro della Giustizia - ha detto ieri il responsabile del dicastero, Luigi Scotti - continuo a chiedere scusa alla collettività per questi ritardi che creano grave danno e allarme sociale».
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