di Emanuela Fontana
Prunetto è un piccolo borgo in provincia di Cuneo che non raggiunge i cinquecento abitanti. Eppure possiede tre bellezze che lo rendono una piccola attrazione: il panorama del Monviso, un castello medievale e un santuario del 1400. E così anche a Prunetto si paga la tassa di soggiorno, sebbene nel 2018 abbia fruttato solo 42 euro, dieci centesimi ad abitante.
Una metropoli come Milano nel 2018 ha portato a casa 45 milioni di euro: quasi 30 euro ad abitante. A San Gimignano l'incasso nel 2017 è stato di 644mila euro, quasi 90 euro per ogni residente. Al primo posto in classifica c'è Roma, che con 130 milioni detiene il record italiano di guadagno dalla tassa per turisti, una cifra enorme se messa a confronto con altre gabelle: dall'Ici arrivano ogni anno al Campidoglio 16 milioni, dalle affissioni 18 milioni. Considerando che la luce pubblica costa 58 milioni l'anno, l'amministrazione capitolina potrebbe illuminare quasi due Rome in più, con i proventi dell'imposta.
LE ANOMALIE
Tornando al Paese nella sua interezza, si paga la tassa sui pernottamenti a Baranzate e Pieve Emanuele, hinterland milanese, e non a Trevi e Sansepolcro, Umbria, tra i borghi più belli d'Italia. Quali sono i criteri per cui in alcune città si paga l'obolo turistico e in altre no? E soprattutto: dove va a finire tutto questo denaro versato dai turisti?
A fine anno i Comuni si troveranno in tasca una cifra mai raggiunta finora: oltre 600 milioni di euro. È il tesoretto della tassa di soggiorno, una possibilità offerta dallo Stato agli enti locali nel 2011 per mettere a frutto il bene più grande che l'Italia possiede per natura: le sue bellezze di arte e paesaggio. Ogni municipio dispone dunque di un'imposta da pochi centesimi fino a 5 euro per i non residenti. Per molti municipi è stata una grande boccata d'ossigeno. E il gruzzolo è destinato ad aumentare: un emendamento del Decreto fiscale in discussione alla Commissione finanze della Camera prevede che i 5 euro possano diventare 10 nei comuni ad alta concentrazione turistica, dove, cioè, i visitatori superano di venti volte il numero dei residenti, uno squilibrio che fa impennare i costi a carico delle comunità interessate.
L'intenzione può essere meritoria, ma proprio perché la tassa per i turisti sta diventando una voce importante nel bilancio di entrata degli enti locali, associazioni dei consumatori e degli albergatori pretendono chiarezza. Secondo i dati aggiornati al maggio 2019 di Federalberghi, a sette anni dall'introduzione l'imposta sui pernottamenti è stata applicata a 1.020 Comuni (23 sono tasse di sbarco), ma pochissimi enti esplicitano l'utilizzo dei fondi, risorse che per legge devono essere destinate «a finanziare interventi in materia di turismo, manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali».
Nel bilancio del Comune di Roma inviato al sistema Siope della Banca d'Italia, la voce «tassa di soggiorno» non compare nemmeno. Esiste in un capitolo generico di imposte acquisite, anche se per Roma questo gruzzolo versato dai soggiornanti equivale a oltre un terzo dell'addizionale Irpef. A Firenze gli incassi dalla tassa di soggiorno superano di oltre quattro volte quelli dell'imposta comunale sul reddito: 41 milioni contro 9.
IL BOTTINO «SEGRETO»
In generale l'aumento di introiti per tutti i Comuni in sette anni è stato vertiginoso: il gettito nazionale accertato nel 2012 (quando i Comuni erano 332) era di circa 162 milioni di euro, cifra salita a 403 milioni nel 2015. Per il 2019 si stima una cifra quadruplicata rispetto al 2012.
Nella lista di chi domanda dove va a finire questo fiume di denaro c'è anche il Codacons. «Regna il mistero più fitto su come realmente siano utilizzati i fondi raccolti attraverso l'imposta - ha dichiarato di recente il presidente, Carlo Rienzi - e i cittadini pagano un balzello a fondo perduto, senza conoscere gli interventi attuati dalle amministrazioni comunali grazie alla tassa in questione».
I Comuni hanno autonomia nelle delibere, ma spulciando gli elenchi dei municipi saltano agli occhi incongruenze, variazioni di importi a distanza di pochi chilometri, modi differenti di decidere la gratuità per i ragazzi: alcuni consentono la notte gratuita ai minori di 14 anni, altri solo ai bambini con meno di dieci anni, altri ancora a tutti i giovani sotto i 26 anni.
A Matera, capitale europea della Cultura 2019, negli alberghi fino a 3 stelle si pagano due euro per tre notti. Da 4 stelle in su quattro euro. Bernalda Metaponto non bada alle stelle, ma impone 5 euro per tutti i pernottamenti al di sopra di 150 euro, per 15 notti. Prunetto (come detto, 42 euro l'anno di incassi), Valpelline (52 euro) e Perletto (75) , piccoli Comuni di Piemonte e val d'Aosta che hanno il record dei guadagni minori, chiedono l'imposta per tre settimane. Nel bilancio del Comune di Gottasecca, 200 abitanti e 200 euro di incasso nel 2018, si legge che cento euro sono girati all'ente turismo Alba Bra come quota spettante, mentre altri cento sono destinati al turismo: a Gottasecca pochi guadagni ma molta trasparenza.
Tra le grandi città Milano chiarisce i modi di utilizzo nel bilancio: l'imposta serve a pagare quasi il 70% degli investimenti nel settore dei beni culturali, anche se le spese prettamente turistiche sono il 3%. Firenze indica di utilizzare 14 milioni per i trasporti pubblici e quattro milioni e mezzo per il Maggio musicale fiorentino tra le altre spese dettagliate. Oltre alle categorie città d'arte e marine nell'elenco dei Comuni che tassano le notti esiste anche il gruppo «hinterland metropolitano». A Stezzano, provincia di Bergamo, si possono pagare anche tre euro a notte di tassa, Rho arriva a quattro, come Cinisello Balsamo. Monterotondo, hinterland di Roma, si ferma a 1,20. All'estremo opposto, nelle Marche, Ascoli Piceno, celebre per la sua incantevole piazza del Popolo, non ha imposta turistica. La Regione Molise non ha deciso la sua lista.
OGNUNO FA COME CREDE
Un rapporto del 2018 della Banca d'Italia, pubblicato nella collana Studi di economia e finanza, segnala come «la mancata emanazione di un regolamento generale di attuazione dell'imposta di soggiorno ha comportato difficoltà applicative». Uno degli aspetti critici è stata «l'individuazione stessa dei Comuni aventi diritto all'istituzione del tributo». Alcune Regioni «hanno provveduto a emanare una normativa ad hoc per l'applicazione dell'imposta, individuando i comuni turistici del proprio territorio (in alcuni casi identificandoli con la totalità)». La maggior parte, invece, «non ha legiferato sul tema, cosicché l'introduzione del tributo si è basata su criteri e definizioni piuttosto eterogenei». L'Abruzzo e la Liguria «hanno dichiarato turistici tutti i comuni della regione». In alcuni casi gli elenchi sono stati formulati in base al riesumato decreto Bersani sulle aperture domenicali dei negozi, «anche se», continua il documento di via Nazionale, «le successive modifiche a tale regolamentazione hanno comportato la decadenza di quegli elenchi. L'incertezza normativa ha alimentato anche numerosi ricorsi ai Tar contro le delibere istitutive e regolamentari dell'imposta».
ESPOSTI E POLEMICHE
A Taormina l'esigenza di chiarezza sull'utilizzo dei fondi si è trasformata in un esposto alla Corte dei conti presentato da Federalberghi nel 2015 e i giudici contabili hanno disposto accertamenti. Al contrario, in alcune città gli albergatori stanno iniziando a evadere, trattenendo per sé la quota.
A Roma la polizia tributaria ha scoperto una maxi evasione da oltre otto milioni di euro tra hotel, B&B e affittacamere. Nelle Marche la Finanza ha incastrato 25 strutture alberghiere che non hanno versato i proventi ai Comuni sulla costa tra San Benedetto del Tronto e Grottammare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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