Pasticcio all’americana: nuovo voto per la sanità

Eravamo abituati a un’altra America, efficiente e pragmatica. Un’America dove chi perdeva accettava la sconfitta, senza tentare inutili resistenze. Un’America, insomma, dove le regole del gioco erano chiare e condivise.
Da qualche anno, invece, la democrazia più ammirata nel mondo mostra vistose crepe provocate non solo dall’influenza opaca e penetrante delle lobby, ma anche dalla trasfigurazione degli standard etici. Il premio al fair play non esiste più. E il tentativo di prolungare ogni partita oltre il tempo regolamentare è ormai nella norma, con uno spirito cavilloso e procedurale tipico più del Parlamento italiano della Prima Repubblica che del glorioso e invidiato Congresso americano.
I tempi cambiano evidentemente e i costumi politici si logorano, costringendo il presidente Obama a imbarazzanti gimcane di fronte all’opinione pubblica.
Domenica notte la Camera dei rappresentanti ha approvato la riforma del sistema sanitario, come tutti sappiamo. E Obama ha festeggiato la prima grande vittoria politica, facendosi fotografare mentre firmava il testo della legge lungo ben 1.200 pagine. Tutto finito, dunque. Anzi, no. Perché i repubblicani, anziché accettare la volontà del Congresso, hanno sguinzagliato giuristi e costituzionalisti, che hanno scoperto, alle 2.30 di mercoledì notte, ben sedici righe irregolari negli emendamenti approvati.
Sedici righe non perfettamente conformi al regolamento su 1.200 pagine. Un’inezia, che non invalida l’impianto della legge, ma ne ritarda l’entrata in vigore. Gli emendamenti sono stati corretti e votati al Senato per poi tornare alla Camera; un ping pong destinato a concludersi nella notte con un altro frettoloso voto. Appena in tempo, visto che se l’iter non si fosse concluso entro il week-end, tutto sarebbe stato sospeso per due settimane, in coincidenza con la chiusura del Parlamento per la pausa pasquale.
La speranza dei repubblicani era che per qualche motivo il processo di armonizzazione del testo potesse deragliare rimettendo in gioco anche la legge principale non emendata. Ipotesi improbabile, ma non del tutto inverosimile, considerato che il pacchetto è stato approvato con un margine risicatissimo (219 a 212), dunque appena tre voti sopra la maggioranza di 216. Una maggioranza cui alcuni democratici hanno contribuito «turandosi il naso» e altri barattando l’assenso in cambio di concessioni varie.
È noto che gli ultimi antiabortisti indecisi hanno ottenuto un decreto sul bando all’uso di fondi pubblici nelle interruzioni volontarie di gravidanza; altri avrebbero strappato promesse di posti altolocati in patria e all’estero, leggine ad hoc per il proprio Stato, piccole modifiche normative per soddisfare lobby di nicchia. Insomma, un suk, che certo non rende onore all’istituzione e non migliora l’immagine della politica. La speaker Nancy Pelosi ha dichiarato che questa legge rappresenta il corollario postumo alla carriera di Ted Kennedy, morto lo scorso agosto, e che in vita si era battuto incessantemente per l’estensione della copertura sanitaria. Suo figlio Patrick lo ha ricordato in tv, scoppiando a piangere, e il pubblico, guardandolo, si è commosso.
Ma nonostante i proclami della Pelosi e le lacrime di Patrick, resta l’impressione di un mondo politico sempre più cinico e spregiudicato. Poco idealismo e tanto mercanteggiamento. Nessun rispetto dell’avversario, disprezzo per le norme civiche che un tempo venivano considerate inviolabili. Nel 2000 l’elezione presidenziale è stata decisa da una manciata di schede dubbie e dopo una sequenza infinita di ricorsi e contro ricorsi. Nel 2004 ci sono stati diffusi brogli e gigantesche irregolarità, con l’iscrizione nei registri elettorali di persone morte da vent’anni o addirittura inesistenti e alcuni di loro hanno persino votato, approfittando del fatto che molti Stati non richiedono l’esibizione di un documento d’identità al seggio.


Lo scandalo finanziario del 2008 ha dimostrato la corruzione e l’inefficacia degli organi di controllo dei mercati, nel 2009 un deputato ha interrotto il presidente Barack Obama durante un discorso a Camere riunite, violando un galateo rispettato per duecento anni.
Cose di un’altra America, che non mostra nemmeno l’intenzione di recuperare gli antichi standard. Purtroppo.
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