
Ugo Nespolo, 83 anni, di cui sessanta di invenzioni e sperimentazioni e 3.900 mostre fatte - e gliene auguriamo altrettante da fare - ha la vitalità, l'energia e la fantasia di uno studente d'Accademia; ma più motivato. È in pop form: capello mosso brizzolato, il suo fisico minuto ma atletico, sguardo eclettico e voce coloratissima. Inesauribile, appena finito un progetto ne inizia un altro. Per lui opera chiama opera. E se gli chiedi «Come stai?», ti risponde: «Meglio sarebbe imbarazzante».
L'imbarazzo, semmai, per il cronista, è provare a ri-raccontare dopo una carriera che è un collage di pittura, disegno, cinema, fotografia, costumi e scenografie, decorazione e pubblicità - chi sia Ugo Nespolo e cosa sia la sua arte.
I suoi assistenti di bottega nella grande factory di Torino lo chiamano Professore, perché insegna e negli ultimi anni firma sul Foglio e il Domenicale del Sole24ore grandi pezzi di critica d'arte. I notabili impassibili dell'Istituto Patafisico Vitellianense lo chiamano Faraone, il grado più alto della Patafisica Italiana. E tutti gli altri - per rispetto - Maestro.
Oggi il lungo viaggio di Ugo Nespolo, fatto di lavoro quotidiano e di vita quotidiana che diventa arte, approda sul lago Maggiore, a Verbania, per una grande antologica a Villa Giulia. Titolo, niente di meno, e che non esclude nessuno dei suoi linguaggi artistici: Universo Nespolo (aperta fino al 28 settembre). Prodotta dalla Città di Verbania, curata da Sandro Parmiggiani e con un impeccabile catalogo edito da Moebius, la mostra è happening, ma studiatissimo: nessuna improvvisazione, ma molto studio, come nello stile di Ugo Nespolo. Due piani della villa vista lago, una sala dopo l'altra dove scorrono i diversi periodi artistici in un fluxus continuo, più di cento opere, tutti i materiali possibili e lavorabili - i disegni su carta da spolvero, le ceramiche policrome, i legni intarsiati, i vetri di Murano... - e una nuova immagine restituita allo spettatore di Nespolo come artista-totale. Multicolore, multiforme, multimediale.
Tra le cose più belle. Le due sale in cui si passa dall'adesione all'Arte Povera al tuffo nell'Arte Ricca con le opere in materiali pregiati come ebano, argento e alabastro (il lusso contro il poverismo). La parete e le teche con i magnifici e poco visti libri d'artista. I dipinti di grande formato e sfondo nero dell'ultimo periodo. E la sala che raccoglie le fotografie scattate da Nespolo con una piccola Leica a New York, Manhattan soprattutto, negli anni Settanta e Ottanta: graffitismo, consumismo e avanguardia.
Infine, per aspera ad astra, una volta arrivati quassù, sulla metafisica terrazza affacciata sull'acqua, ecco la patafisica grande scultura gonfiabile
Roi Ubu, realizzata ai tempi con l'amico Enrico Baj: è gialla-nera-verde e con l'enorme giduglia disegnata sulla pancia. Che rappresenta l'ingordigia umana. Ma anche la smisuratezza dell'arte. Come quella di Ugo Nespolo.