Dal «Patriottico» al «Dal Verme» 200 anni di storia

Uno, nessuno, centomila. Milano è la città italiana a più alto indice di teatranti non professionisti, con 53 compagnie amatoriali disseminate tra capoluogo e provincia. Gruppo Albatro, I Cinq Cent, La Fabbrica dei Sogni, Compagnia Teatrale Meneghina, I Diritti d’Autore, Il Prologo, I Senza Tempo, Politeatro Milano, Compagnia Teatrale Meneghina: non sono che alcune tra le decine di sigle dietro cui si celano milanesi contagiati dall’amore cieco per il palcoscenico. Tutta gente comune che smessi i panni dell’impiegato entra in quelli di Otello o più spesso, vista la quantità di compagnie dialettali, in quelli del Tecoppa o del scior Panera. È il teatro filodrammatico - termine coniato attorno al 1930 con la comparsa delle prime compagnie di dilettanti - e non coinvolge solo attori ma anche autori, musicisti, scenografi, coreografi, tecnici e falegnami. Tutti a lavorare per passione, contando solo su simbolici rimborsi-spese. «Purtroppo a Milano - dice Ettore Cibelli, presidente cittadino della Federazione italiana teatro amatoriale (Fita) - gli spazi per le compagnie filodrammatiche si riducono di anno in anno. Ci sono gruppi che provano nel salotto di casa. E pensare - conclude Cibelli - che il 35 per cento degli incassi Siae per la prosa è prodotto dalle compagnie di dilettanti». La Fita esiste dal 1947. È una delle organizzazioni che tesserano gli amatoriali (chiamati anche attori «fuori orario») ma è sicuramente la più vecchia e la più rappresentativa sul territorio. E proprio in federazione si apprende che i filodrammatici censiti in Italia sono circa 62 mila, raggruppati in oltre 4 mila compagnie amatoriali che portano in scena qualcosa come 40 mila spettacoli all’anno per 5 milioni di spettatori; soprattutto nei piccoli centri tagliati fuori dalle rotte dei professionisti. A Milano molte di queste realtà sono legate a filo doppio alle parrocchie, oggi uniche strutture territoriali che mettono a disposizione con una certa frequenza i propri cine-teatri. Ma i patti prevedono una sorta di do ut des: «Noi vi diamo gli spazi, e voi recitate per beneficenza». Di qui la scelta forzatamente volontaristica dei filodrammatici meneghini. «Ma a noi va bene così - dice Gian Paolo Azzaro, 56enne regista de “La Combriccola del Baffo” - . Anzi, ci sentiamo fortunati perché da 17 anni facciamo base al teatro della parrocchia Maria Regina Pacis di Bonola: una buona sistemazione - prosegue - che ci consente di avere anche spazi per un magazzino-laboratorio e per una piccola sartoria». Tanto che il cavallo di battaglia dei 15 attori della «Combriccola», attiva dal 1990 nella rappresentazione di testi brillanti in lingua, è «Due dozzine di rose scarlatte» di Aldo De Benedetti: una commedia degli equivoci molto impegnativa. Entrare in contatto coi filodrammatici, per quanti scoprono il sacro fuoco dell’arte, è semplice: «Noi - dice ad esempio Tony Sirto, regista de La Tarumba che insieme alla compagnia I Barlafuss confluisce nel Gruppo Teatrale San Carlo formato da 40 elementi - abbiamo un blog col quale è possibile comunicare con noi e organizziamo una piccola scuola di recitazione presso la parrocchia San Carlo alla Ca’ Granda». Il Gruppo San Carlo fa in media 25 recite all’anno coprendo un territorio che va da Milano a Sesto Calende: soprattutto realtà parrocchiali e feste di paese. Un titolo per tutti: «La fortuna con la Effe maiuscola» di Edoardo De Filippo tradotto, come altri testi sacri, in vernacolo milanese. Teatranti «fuori orario» ma non per il Fisco che li considera alla stregua dei professionisti: «Non abbiamo sovvenzioni; ce la sbrighiamo sempre da soli; il trasporto in teatro delle scenografie ce lo paghiamo noi di volta in volta. E non è tutto: su ogni spettacolo messo in scena sborsiamo il 10 per cento di Iva e a fine anno dobbiamo presentare l’Unico». Chi parla è Alice Marzi Longoni, una cordiale signora ottantenne ex attrice, poi aiuto regista di Carlo Colombo nella «Famiglia meneghina» e oggi nume tutelare del Teatro Il Nodo, attivo a Milano dal 1973. Il Nodo conta una quindicina di elementi (tra loro si chiamano i «Nodini») con un palco per le prove messo a disposizione dalla parrocchia San Giuseppe, in via Celentano a Crescenzago. Ha in calendario recite fino al prossimo aprile con la commedia meneghina «Otello e Jago, cordami e spago». «Fino al primo dopoguerra - prosegue la regista - le compagnie filodrammatiche potevano esibirsi al Teatro Litta di corso Magenta, che fu un importante punto di riferimento per pubblico e attori.

Oggi per lavorare ci tocca girare moltissimo, soprattutto in provincia, mettendo a dura prova il nostro portafogli. Per fortuna - conclude - in tutto questo c’è anche un lato positivo: un pubblico sempre diverso fa maturare attori, registi e tecnici».

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