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Un patto contro i "piccoli". Ecco l’offerta di Veltroni per rimandare le Politiche

Il leader del Pd punta a ridurre i partiti minori. Proposta a Berlusconi: "Governo di un anno per cambiare il “porcellum”, i regolamenti parlamentari e ridurre il numero di deputati e senatori"

Un patto contro i "piccoli". Ecco l’offerta di Veltroni per rimandare le Politiche

Roma - È Ségolène Royal a benedire Walter Veltroni: «Siete fortunati ad avere un leader carismatico, popolare e di grande volontà», dice la ex candidata socialista alle presidenziali di Francia.
Vista la sconfitta subita da Sarkozy, il viatico non è proprio dei più beneauguranti. Però il leader del Pd incassa soddisfatto, sul palco di Firenze dove è andato a parlare alla convention ambientalista promossa dal suo partito. E rilancia, con un intervento che ha un unico interlocutore: Silvio Berlusconi.

È necessario «riscrivere le regole del gioco», perché «se una democrazia non è in grado di decidere entra in crisi: e l’Italia è una democrazia in cui viene negato il diritto di decidere», è l’appello veltroniano. Dunque, «basta con la contrapposizione e l’odio di cui si è alimentata per 15 anni la nostra politica». E torna a mettere sul tavolo un offerta di dialogo al leader di Forza Italia: «Noi siamo disposti a farlo. Siamo convinti che sia possibile prendere 8-10 mesi, forse un anno, per avviare la stagione delle riforme: cambiare la legge elettorale, i regolamenti parlamentari, dimezzare il numero dei parlamentari. Il Paese non vuole la rottura, che piace di più, ma lascerebbe per il futuro una soluzione pasticciata».

Il messaggio è chiaro: un accordo «blindato», come chiosano i veltroniani, con il leader dell’opposizione per fare la legge elettorale spagnoleggiante di cui si discuteva prima che i filo-tedeschi del Pd e Udc si mettessero di mezzo.

Una legge che consentirebbe tanto a Veltroni quanto a Berlusconi di liberarsi dal «caravanserraglio» delle decine di alleati, e dai loro veti incrociati, «paralizzanti» per qualsiasi governo. A chi far guidare quel gabinetto di transizione di «otto mesi-un anno», Veltroni non lo dice, ma il Cavaliere sa che potrebbe anche essere un nome estraneo al centrosinistra e vicino a lui. Non a caso ieri la prodianissima Rosy Bindi sbarrava veemente la strada a eventuali candidature di Gianni Letta: «Non si può dire sì a tutto». E non a caso Rifondazione ha subito bocciato l’ipotesi di «un governo appoggiato da una diversa maggioranza» che intravede dietro le parole di Veltroni: meglio votare prima dell’estate. Anche se il capogruppo Russo Spena apre al simil-Vassallum («anche la prima bozza Bianco può essere una base di trattativa») mentre il ministro Ferrero si schiera seccamente per il tedesco. Ossia il sistema caldeggiato anche da D’Alema, che nutre ancora speranze di agganciare Casini realizzando una maggioranza «con chi ci sta» per fare quella riforma.

Veltroni non si fa però troppe illusioni sulla speranza che Berlusconi accolga la sua proposta, anche se vuole rendergli più difficile possibile il «no». «Perché non dovrà dire no solo a me, ma anche al capo dello Stato, alla Confindustria, ai sindacati, ai grandi giornali italiani e anche internazionali», ragiona. E intanto lo avverte che la sua campagna elettorale è già pronta. È convinto, il leader Pd, che mentre lui si presenterà libero dai Pecoraro e dai Diliberto, il «caravanserraglio» delle alleanze sarà il tallone d’Achille del Cavaliere: «Si sta facendo lo schieramento di tutti e tutti insieme: Mastella, la signora Mussolini, Storace, Fini, Bossi, Dini, Rotondi: è un film già visto troppe volte, e che gli italiani non vogliono più vedere», dice. E ricorda che i sondaggi di oggi possono cambiare più rapidamente del previsto: «Sconsiglierei un ricorso così frettoloso a elezioni anticipate solo perché la vittoria è sicura.

Aspettino due mesi: una vittoria non si consuma in due mesi, e se si consuma vuol dire che è una cosa effimera».

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