Il patto scontenta tutti «Una presa in giro diremo addio alla Ztl»

Rabbia dopo l’annuncio anche in zona Sud: «Così si creano ghetti, saremo il quartiere del degrado». La Lega fa barricate

Non siano troppo impazienti quelli che in Paolo Sarpi sostengono di essere «prigionieri» dei cinesi. «Per costruire i nuovi padiglioni ci vuole un po’ di tempo» avverte il console Zhang Limin. Che per voce di Angelo Ou impartisce ai residenti italiani l’ennesima lezioncina di educazione civica, «non credo vogliano “stressare” la mia comunità con la questione della Ztl». Altrimenti? Be’, vacillerebbero «i contatti» e, attenzione, quel «dialogo continuo» che, bontà loro, sarebbe stato costruito con chi si sente straniero a casa sua.
Chiaro a tutti, italiani compresi, che a Paolo Sarpi non cambia niente. «Tutto resta come prima. I cinesi non mollano. Anzi, triplicano Chinatown» commentano i leader di ViviSarpi: «Allo storico quartiere Canonica-Sarpi aggiungono la nuova area al Gratosoglio e una fetta del “Girasole” di Lacchiarella». Come dire: un triangolo ad occhi di mandorla, forma geometrica a rischio esplosione. E, naturalmente, può attenere la Ztl in Paolo Sarpi: «Sorprendente quel virgolettato del portavoce del console, prova di una strafottenza non più sopportabile».
In compenso potrebbero traslocare. «È l’invasione di ogni spazio, quasi parossistica da tipica operosità orientale», dicono i residenti di via Rosmini: «Sopravviviamo tra sporcizia e illegalità, senza più riconoscere le strade dove siamo nati. Loro sono i padroni anche dei marciapiedi, dove centinaia di carrelli carichi di merce entrano ed escono dai negozi nonostante i dissuasori». Virgolettato che si declina in jumbo-tram bloccati dai furgoncini, in station wagon stracariche che stazionano sui passi carrai e, last but not least, in pile di scatoloni che spuntano a ogni angolo.
Immagine da esportazione, «accadrà anche al Gratosoglio». «È il made in China che avanza senza rispetto delle norme di legge, di quelle igienico-sanitarie» chiosa un condomino di via Giusti, uno degli «autotassati» per pagare l’affitto di un negozio che s’affaccia su un passo carraio: «Così, almeno, evitiamo di averli sin dentro casa».
Consiglio di tutto cuore dalla Chinatown senza legge per quelli che, «poveretti loro», in via dei Missaglia conviveranno con i cinesi. Come? Basta chiederlo ai portinai degli stabili di via Fraschini, Romeo e Bugatti: «Trasferire quaggiù i grossisti di Chinatown significa affossare il quartiere già fortemente penalizzato da un paio di campi rom». Temete di diventare un ghetto? «È una certezza. Il Gratosoglio è la discarica dell’incapacità della politica comunale di trovare soluzioni».
Parole pesanti come pietre di chi, un giorno sì e l’altro pure, è costretto a fare i conti con vandalismi, furti e - parola del consiglio di zona - con «le Torri bianche, da sempre simbolo della droga e della malavita». Dunque, «meglio sarebbe stato ipotizzare un’altra area cittadina piuttosto che questa del Gratosoglio già pesantemente ipotecata». Paura di un’immigrazione di grossisti non controllati, di un’ennesima integrazione mancata.
Difficile dar torto, basta fare un viaggetto in via Bramante o in via Bruno per rendersene conto. È lì che prospera la Chinatown del caporalato, quella che arruola cinesi a pochi euro e li sfrutta nei negozi dei grossisti. «Diventeremo come Paolo Sarpi, una zona franca nella città». Qualcosa da aggiungere? «Ci rivediamo alle prossime elezioni». Messaggio inequivocabile per la giunta di Letizia Moratti, sia a Paolo Sarpi sia al Gratosoglio.

Che pure i leghisti cavalcano, «non dobbiamo permettere il sorgere di tante piccole Chinatown sul territorio comunale» avverte l’assessore regionale Davide Boni. Che, senza forse, spera in un ripensamento: «Sarebbe un regalo di troppo a chi commette un’infrazione ogni centoventitré secondi. E lo dicono le relazioni dei ghisa».
gianandrea.zagato@ilgiornale.it

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