Roma - Il futuro del Pdl, come da pronostico, tiene banco a lungo. Ed è il punto in agenda più atteso. Detto questo, però, c’è spazio anche per il rapporto tra governo e Parlamento, le riforme istituzionali da condividere con l’opposizione, la crisi economica che non accenna a mettere un freno, il divario tra Nord e Sud da colmare.
Il confronto diretto tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, tanto evocato nei giorni scorsi da più parti, è ad ampio spettro. Dura due ore e non si basa esclusivamente sul percorso da seguire in vista del partito unico. Certo, la «condivisione» su una road-map concreta, che veda al più presto la messa a punto dello statuto e delle regole interne, tanto per cominciare, non è fatto di poco conto. Soprattutto se mirata a stoppare sul nascere polemiche, incomprensioni e contrasti, rilanciati su tv e giornali negli ultimi giorni.
È la maniera giusta, il «patto», sancito a Montecitorio in un colloquio definito da ambo le parti «amichevole e molto utile», per evitare che l’unione d’intenti tra Forza Italia e Alleanza nazionale (a cui le formazioni minori che condividono il progetto chiedono rispetto) si trasformi in qualcosa di diverso. E che possa sfociare in rivendicazioni, ripicche continue tra alleati, a danno dell’obiettivo comune. Quanto al futuro politico del padrone di casa, «non se n’è parlato, riferiscono dal suo staff, «perché prima di tutto viene il futuro del partito».
E così, premier e presidente della Camera s’impegnano ad accelerare sui tempi, a trovare la «quadra» prima possibile, in modo da essere pronti il 27 marzo, data in cui il Congresso costituente dovrebbe dar vita ufficialmente al Pdl. Nel frattempo, però, Berlusconi e Fini si ripromettono di vedersi sempre più spesso, con cadenza regolare, per evitare che il silenzio porti ad ipotizzare nuove frizioni.
Pdl avanti tutta, dunque. Con i due leader che si trovano sulla stessa linea nel garantire il rispetto della democrazia interna. Dalla definizione degli organi dirigenti alla modalità di scelta dei candidati. L’auspicio comune, dunque, è che il Popolo della Libertà possa decollare senza turbolenze. Il banco di prova arriverà presto, visto che tutti i nodi andranno sciolti entro i prossimi due mesi, per realizzare quanto concordato nel faccia a faccia di ieri. In cui, però, si affrontano inizialmente altre tematiche.
Innanzitutto, la questione riforme, che non è sinonimo solo di giustizia. In tutti i casi, ribadisce la terza carica dello Stato, è auspicabile un confronto con l’opposizione. Un augurio ampiamente condiviso dal premier, rilanciato da entrambi durante la colazione di lavoro, a cui prende parte anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Fini, tra l’altro, rimarca al suo ospite la necessità di riavviare un percorso per rivedere, modificare la seconda parte della Costituzione, mentre, sul versante giustizia, ripropone i sei punti contenuti nella lettera inviata lo scorso week-end al Corriere della Sera. Tracce peraltro già presenti, fanno notare dalle parti di palazzo Grazioli, nel testo a cui lavora da tempo il Guardasigilli, Angelino Alfano.
Sempre in tema istituzionale, Fini ribadisce al presidente del Consiglio, tra una portata e l’altra, il ruolo centrale del Parlamento nel processo legislativo. Un modo per sottolineare l’invito, già espresso in passato, che il governo non abusi della decretazione d’urgenza. Un nodo che potrebbe sciogliersi quanto prima, magari, mettendo mano ai regolamenti parlamentari, questione su cui il confronto è aperto.
Non fa capolino la vicenda Rai, assicurano dalla presidenza della Camera.
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