Roma - Tra una forchettata di spigola e un sorbetto al limone si sono pure imbastite le ricette di accordi politici prossimi venturi. Ospiti nella dimora romana di Bruno Vespa, a Trinità dei Monti, giovedì sera si sono infatti trovati gomito a gomito il premier Berlusconi, il sottosegretario Gianni Letta e il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini. Una cena ricca di ospiti illustri, tra cui la figlia di Berlusconi, Marina, ma anche di spunti per scenari avvincenti. Ma la torta per uscire dall’impasse in cui versano governo e maggioranza è tutt’altro che pronta. In casa Vespa non è stato siglato alcun «patto del pungiglione» ma il colloquio tra i tre è stato di grande cordialità.
Non è un mistero che da diverse settimane si mormorava di un riavvicinamento tra Berlusconi e i centristi e ieri s’è aggiunto un tassello in più. Il Cavaliere, alle prese con la grana-Fini, considerato sabbia nell’ingranaggio del motore del governo e della maggioranza, sarebbe intenzionato ad aprire le porte al leader dell’Udc. Nel ragionamento di Berlusconi c’è la convinzione che l’elettorato sia lo stesso e che in Europa pidiellini e udiccini siedono accanto all’interno del Ppe. Ma soprattutto Casini, alla Camera, annovera una pattuglia di ben 39 uomini. Non pochi. E allora: siccome quanti siano i finiani devoti al capo fino in fondo non è dato sapere con matematica certezza ma, si mormora, dovrebbero oscillare tra i 25 e i 30, facile far due conti. Perché non sostituire «i signor no» con le truppe udiccine?
S’è parlato anche di questo in casa Vespa. Fantapolitica? Mica tanto. Lo scenario potrebbe essere il seguente: crisi pilotata dopo l’estate, superati i due tornanti del disegno di legge sulle intercettazioni e della manovra tremontiana. Sul piatto due o forse tre ministeri da ridistribuire tirando dentro appunto i centristi. In fondo la poltrona che fu di Scajola resta vacante e il premier non può tenersi l’interim dello Sviluppo economico all’infinito. Su questo fronte non va dimenticata una recente intervista del ministro degli Esteri Franco Frattini nella quale, oltre a dire che «è importante riannodare i fili con l’Udc», faceva intendere di essere disposto a un trasloco dalla Farnesina. Un rimescolamento delle carte, poi, potrebbe anche provocare quello strappo definitivo con l’attuale presidente della Camera, auspicato da mesi dal premier.
Basterebbe toccare le pedine giuste, chiaramente ridimensionando il peso di Fini, e il boccone per lui potrebbe davvero risultare indigeribile. Insomma, sotto sotto lo scopo del Cavaliere è quello di poter ripartire con carburante nuovo nel serbatoio senza più subire l’azione ingolfante dei finiani.
Ma qui le visioni tra Casini e Berlusconi sono state divergenti. In pratica il leader dell’Udc sarebbe ben disposto a dare una mano al centrodestra, visto che il Pd ormai è inconsistente e ostaggio delle sirene dipietriste. Un aiuto sì ma soltanto ad alcune condizioni. Primo: aprire una vera e propria crisi di governo e salire al Quirinale con programma concordato. Secondo: non apparire come il sostituto di Fini, la ruota di scorta per arrivare a fine legislatura.
Dentro tutti insomma. Qui il dialogo s’è fatto più difficile seppur non si sia definitivamente interrotto. Per Berlusconi non ci può essere nessuna crisi al buio perché, in questo concorda con Fini, «si sa come ci si entra ma non si sa come se ne esce».
In secondo luogo l’operazione, vero e proprio risiko politico, seppur affascinante ha i suoi rischi. Rimpasto sì, con il programma con cui ci si è presentati agli elettori e si è vinto, crisi al buio con un governo di larghe intese o, peggio tecnico, assolutamente no. Ma pare che il dialogo continui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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