Viviana Persiani
«Le tendenze, le mode si costruiscono, attraverso un'efficace e incisiva politica culturale che, partendo dal basso, dal microuniverso del lavoro di un artista, giunge a diffondersi e a coinvolgere l'intero pubblico». Questa è la convinzione di Paolo Giorgio, regista della compagnia Quinto Settano che sulla scena del Teatro Olmetto sarà la protagonista di Pazzo d'amore di Sam Shepard. Dopo aver fondato il gruppo in collaborazione con Gerardo Maffei, come primo atto del sodalizio, Giorgio pone la firma sul progetto Intermittenze d'amore con l'intenzione di celebrare la drammaturgia contemporanea.
«Con Le affinità elettive di Goethe, in scena qualche tempo fa sempre all'Olmetto - racconta Paolo Giorgio - abbiamo inaugurato il nostro progetto che prosegue con questa seconda tappa».
Perché un progetto del genere?
«Siamo stati motivati dalla nostra esigenza di indagare attorno al tema amoroso, prendendo in analisi i rapporti, le relazioni, le emozioni, la forza del desiderio. Pazzo d'amore è un testo raramente rappresentato a teatro, forse esiste un'edizione italiana abbastanza datata e la versione cinematografica dell'85 di Robert Altman interpretato dallo stesso autore al fianco di Kim Basinger».
Di cosa parla lo spettacolo?
«Questo lavoro è uno dei testi teatrali più rappresentativi del degrado e dell'impotenza che si abbatte sugli strati più deboli della società americana, abbagliati dal mito di un irraggiungibile sogno americano. Sulla scena due ragazzi che hanno vissuto una storia d'amore, May e Eddie, si reincontrano dopo un lungo viaggio e dopo tanta attesa. Ma lei ora sta attendendo un altro uomo. Questo è il pretesto per scatenare quell'esplosione di passione, di emozioni di sentimenti rimasti sopiti fino allora».
Quindi cosa succede?
«Lara Franceschetti e Gerardo Maffei, vestendo i panni dei protagonisti, compiono un viaggio attraverso la storia del loro amore dai tempi del liceo. Un amore impossibile teneva uniti i due ragazzi, nel contempo sempre soggetti alla forza centrifuga delle loro passioni. Fino quando i due scoprono di essere fratellastri. Ecco che sulla scena vi è la presenza fissa del padre di entrambi che, sulla sedia a dondolo, quasi come fosse un'ossessione, una visione, o ancora, un'allucinazione, perseguita la coppia con la sua presenza».
Registicamente che impronta ha dato al lavoro?
«Si tratta di un testo curioso, emozionante, pervaso di energia; io sono solito lavorare basandomi sulla creatività degli attori che, dotati di un loro immaginario, attraverso le continue evocazioni e le incessanti allusioni, plasmano le situazioni».
Come mai un testo così rischioso?
«Di proposito, Quinto Settano si è prefissato l'obiettivo di dedicarsi alla drammaturgia contemporanea per abituare il pubblico alla scrittura e alle tematiche dei giorni nostri».
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