Il pubblico di Napoli? Tra i migliori al mondo, parola di Keith Jarrett

L'esibizione del 18 maggio al San Carlo potrebbe presto diventare un cd. L'indiscrezione arriva dal manager del pianista. Dopo il «Koln concert» (nella top ten dei dischi jazz più venduti al mondo) ecco prospettarsi l'arrivo del «Naples concert»

Dopo il «Koln concert» (1975) potrebbe presto arrivare un «Naples concert». Secondo indiscrezioni raccolte nell'entourage del jazzista Keith Jarrett, potrebbe diventare un prezioso e ambitissimo cd live l'ultima esibizione italiana del celebre pianista jazz. Il 18 maggio scorso, infatti, Jarrett si è esibito al San Carlo di Napoli, accettando l'invito degli organizzatori della rassegna «Non solo Piano» dell'«Angeli musicanti festival». A giudizio unanime dei critici musicali e degli addetti ai lavori accorsi a testimoniare l'evento, si è trattato di un vero e proprio unicum. Almeno per il religioso rispetto che il pubblico ha saputo dimostrare per l'artista sul palcoscenico. E si sa, il più esigente e il più critico proprio nei confronti del comportamento del pubblico è lo stesso pianista americano. Tanto che Jarrett ha regalato ben cinque bis agli spettatori del più antico teatro lirico del mondo, dimostrando loro e a se stesso che la performance era stata più che soddisfacente.
Da anni Jarrett ha un solo ambizioso obiettivo: trasformare il suono in un unicum senza steccati di genere. Confezionando una partitura che assorbe l'essenza del jazz senza dimenticare i canoni del pop e della classica. L'importante, come ebbe a spiegare una volta lo stess Jarrett, è creare una «musica organizzata» che non inibisca l'improvvisazione propria del jazz. Perché nell'epoca della riproducibilità dell'opera d'arte, come ci insegna il filosofo tedesco Walter Benjamin, è proprio l'evento unico e l'aura della irriproducibilità a garantire il valore artistico.
«Romantico senza automoderazione», come lo definì il critico Joachim Ernst Berendt, Jarrett nel concerto partenopeo non si è risparmiato nel fondere blues e armonie europee (nel fraseggio veloce e nel basso ostinato del primo brano tra mille influenze si catturano echi di Thelonius Monk e Debussy), jazz tradizionale, ardite incursioni modali, pirotecnici tuffi nell'avanguardia e struggenti ripiegamenti sulla classica ballad (magnifica la lenta melodia che chiude la prima parte del concerto). E tutto questo potrebbe rimanere agli atti in tutte le collezioni di dischi di intenditori e affezionati del jazz. Proprio come era già successo con il «Koln concert» che, complice lo sfruttamento della popolarissima ai quei tempi (primi anni Settanta) colonnna sonora del film «Love story», divenne un successo planetario e ancor oggi è uno dei dischi jazz più venduti ed apprezzati, il «Naples concert» potrebbe diventare un'incisione discografica. Lo stesso manager di Jarrett, Steve Cloud, ha fatto avere ai responsabili dell'«Angeli Musicanti festival» la scaletta precisa dell'esibizione, accompagnando il documento con una lettera nella quale si ringrazia tutto lo staff del teatro San Carlo e lo stesso pubblico della serata per la riuscita del «Naples solo piano» con protagonista Jarrett. «Un pubblico caldo e appassionato, rispettoso ed entusiasta, uno dei migliori che abbiamo avuto in tutto il mondo». Parole pesanti che fanno ben sperare i discografici già al lavoro per concordare tempi e modi della registrazione.
Chissà se anche i bis entreranno nella scaletta del probabile cd. L'esecuzione finale di «Over the rainbow», quinto ed ultimo bis della serata, ha fatto letteralmente impazzire di entusiasmo i 1300 spettatori.

E questa, in fondo, è la sua cifra: rileggere gli standard in una maniera che arriva direttamente al cuore del pubblico. Come «I'm a fool to want you» (Billie Holiday) e «But beautiful» (Burke e Van Heusen) che hanno provocato altrettante standing ovation.

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