RomaNel giorno in cui anche El Paìs, quotidiano spagnolo che non ne ha risparmiata una a Berlusconi, titola sul «cataclisma Pd», il dalemiano Nicola Latorre constata fosco: «Vedo che gli avvoltoi si stanno già levando in volo».
Facile dare un nome agli «avvoltoi» che, dalla sconfitta nelle primarie pugliesi in poi, hanno iniziato a volteggiare sul Pd di Pier Luigi Bersani: la presidente Rosy Bindi, che non ha atteso un secondo dalla proclamazione dei risultati per dire che il segretario aveva sbagliato a non candidare subito Nichi Vendola. Lex premier Romano Prodi, che si è fatto subito vivo per maramaldeggiare sulla carenza di leadership nel Pd, proprio mentre infuriava la bufera sul «suo» sindaco di Bologna, che il Pd locale aveva costretto alle dimissioni. Ieri il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, che dichiara «fallito» il progetto del Pd, un «prigioniero di correnti e sottocorrenti che, anche senza avere vera consistenza politica, continuano a tenerlo sotto scacco». Chiamparino accusa Bersani di aver «camminato a zig zag nella gestione delle candidature»; lancia la proposta di «nuovo Ulivo». E non si tira indietro davanti allipotesi di prenderne la leadership: «È chiaro che sono disposto a impegnarmi se si aprisse questo percorso».
Almeno, nota un esponente vicino al segretario, «Chiamparino è uno che non nasconde le sue intenzioni». Gli altri frondisti o aspiranti successori, invece, o tacciono sornioni come il capogruppo Franceschini (che «sta più al telefono con Ezio Mauro che con sua moglie», dice un bersaniano) e Veltroni; o lanciano il sasso e nascondono la mano, come Bindi o Prodi.
Fuori dal Pd è Pier Ferdinando Casini a dichiarare in crisi, se non finito, lidillio col segretario Pd: «Non posso credere che Bersani abbia detto che è deluso da me: io sono deluso dal Pd, e non accetto lezioni da loro». Da loro che, sottinteso, non riescono neppure ad evitare al candidato concordato con lUdc il massacro delle primarie. Il «patto» tra DAlema, Bersani e Casini si è rotto? Il quotidiano del Pd Europa suona lallarme: «Casini può perpetrare un autentico omicidio politico ai danni di Bersani, lasciandolo nudo di fronte ai plotoni di esecuzione interni, deprivato della sua unica vera prospettiva».
In Puglia, Regione chiave per stabilire chi perderà e chi vincerà le elezioni, Casini resta a fare il terzo incomodo con Adriana Poli Bortone. Se così fosse (e così sarà «fino allultimo», giurano Udc come Roberto Rao o Renzo Lusetti), il probabile vincitore delle elezioni sarebbe Vendola. Ma Francesco Boccia, lo sconfitto delle primarie, non ne è convinto: «Alla fine Casini non reggerà le pressioni dei suoi, che vogliono tornare al governo, e andrà con Berlusconi». Boccia ammette di aver combattuto sapendo che probabilmente avrebbe perso: «E daltronde, quando hai il 50% del tuo partito, inclusi scellerati dirigenti di primo piano, che rema contro, la vittoria è difficile... Ma proprio per questo la battaglia andava fatta: in realtà, è stato un secondo congresso». Il primo, Bersani e DAlema lavevano vinto. Questo invece no. «Ma i conti veri si faranno il 29 marzo, dopo le elezioni», dice Boccia.
Se le Regionali si chiuderanno su un 7 a 6 per il Pd, però, sarà difficile imputare al segretario una sconfitta da «cataclisma». E il risultato non è impossibile: se la Puglia regge, se Piemonte e Liguria, dove lalleanza con lUdc tiene, restano al Pd e le Regioni date per certe (Toscana, Emilia, Umbria, Marche, Basilicata) pure, si potrebbe persino arrivare ad otto. Anche se, ad esempio, raccontano che Vasco Errani, candidato in Emilia, sia preoccupatissimo per il terremoto Bologna e le sue ripercussioni sul voto, e stia chiamando a raccolta tutti i «volti» nazionali per dargli una mano. E che la guerra civile umbra, che porterà alle primarie, faccia traballare il consenso pure lì. Quanto al Lazio, molti ci sperano: la Bonino è molto forte nei sondaggi.
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