Pd, Bersani: "Il partito è in piedi, ora accelerare Noi siamo disponibili al dialogo, Berlusconi no"

Il segretario replica al premier: "Non la meni sul confronto, sa usare solo decreti e fiducie". Poi stronca la "sommossa" interna al partito: "La discussione sull’esito delle regionali è fisiologica ma i dibattiti autoreferenziali non fanno bene". Poi rilancia: "Siamo in piedi, ora acceleriamo"

Pd, Bersani: "Il partito è in piedi, ora accelerare 
Noi siamo disponibili al dialogo, Berlusconi no"

Roma - "Non è Berlusconi a dover misurare la nostra disponibilità. Siamo noi che abbiamo verificato, dopo 50 decreti e 31 fiducie, la sua indisponibilità a discutere, perché per fare le riforme deve funzionare il Parlamento". Lo afferma Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, che risponde al presidente del Consiglio. "La nostra agenda - prosegue Bersani - è chiara: occupazione, piccole e medie imprese, redditi bassi. Su questo siamo pronti a discutere. Anzi, sarebbe ora, a partire dalle norme sul lavoro, rinviate alle Camere dal presidente della Repubblica. Sulle riforme istituzionali il presidente del Consiglio sa benissimo qual è la nostra posizione: superamento del bicameralismo, diminuzione dei parlamentari, nuova legge elettorale, legge sui partiti, rafforzamento reciproco dei poteri di parlamento e governo. Su tutte queste materie - conclude - la maggioranza non ce la meni con il dialogo o non dialogo".

Confronto interno "La discussione sull’esito delle regionali è fisiologica, ma i dibattiti autoreferenziali non fanno bene al Pd". A ribadirlo è stato Pier Luigi Bersani, in una lettera ai presidenti dei circoli del Pd. "Nel Partito democratico c’è spazio, come è nostro costume, per una discussione larga e libera sul dopo elezioni e sulle prospettive del nostro partito - ha spiegato il segretario - ma non per dibattiti autoreferenziali che potrebbero allontanarci dal senso comune dei nostri concittadini".

L'invito di Bersani "Siamo in piedi, ora acceleriamo". Secondo Bersani, "le recenti elezioni regionali sono state per tutti noi un passaggio importante, che ci mostra tutta la complessità e la profondità dei problemi che abbiamo di fronte". Bersani sente "forte in queste ore la delusione per avere perso la guida di alcune regioni, e il Lazio e il Piemonte per una manciata di voti. La delusione è solo in parte attenuata dal fatto che abbiamo conquistato comunque la presidenza di sette tra le tredici regioni in palio: un risultato certamente non scontato alla luce dei rapporti di forza che si sono determinati nelle elezioni più recenti, tenendo conto che le elezioni regionali del 2005 si erano svolte dentro un altro universo politico".

L'analisi del voto Bersani vuole rimarcare però che "per la prima volta dopo molto tempo, nel voto di domenica e lunedì scorsi si è verificato un arretramento consistente dei consensi del Popolo delle libertà, solo in parte compensato dalla crescita della Lega; le distanze tra il campo del centrodestra e il campo del centrosinistra sono oggi sensibilmente inferiori rispetto a un anno fa, e quindi pur dentro a elementi di delusione si apre uno spazio per il nostro impegno e per il nostro lavoro". Tuttavia, ammette il segretario del Pd, "dal voto emergono chiaramente alcuni problemi di fondo nel rapporto tra i cittadini italiani e la politica: c'è una disaffezione crescente, che si manifesta come distacco e radicalizzazione, verso una politica che gli elettori percepiscono come lontana dai loro problemi.

Una crisi sociale ed economica pesante fa sentire ogni giorno le sue conseguenze sulla vita dei cittadini, senza che dal governo arrivino risposte adeguate alla gravità dei problemi. Il principale responsabile di questa situazione è il presidente del consiglio; ma è una situazione che interroga anche noi".

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