Da Vasco Rossi agli Scorpions la musica nel Pd cambia. Anzi no. Lassemblea democrat a Roma, mille delegati compresi tutti i big in prima fila, si è aperta ieri al suono di Wind of change, canzone composta nel 1990 dalla rock band tedesca per «festeggiare» il crollo del muro di Berlino. Se cambiamento doveva esserci, però, non cè stato né nella forma né nei contenuti. Nelle 19 cartelle del discorso del segretario Pd Pier Luigi Bersani, roba da Comintern, precedute dallintervento del presidente Rosy Bindi («Siamo pronti a quel cambio di passo auspicato dopo le Regionali»), non è arrivata una proposta una, ma solo lannuncio di un «doveroso ostruzionismo» al governo. Neppure uno straccio di idea oltre alla altrettanto doverosa ammissione di colpa per non aver saputo «interpretare il disagio e linquietudine profondi che il Paese ormai disamorato vive».
Sulla Finanziaria, è laccusa di Bersani alla maggioranza, «serve una sfida sul terreno che abbiamo sempre chiesto: non lennesimo tirare a campare» o «un federalismo a chiacchiere» ma bisogna «alleggerire rapidamente il lavoro, limpresa e le famiglie e mettere il carico sulla rendita e sulle ricchezze» e puntare su «mercato, piccole e medie imprese ed efficienza energetica». Il come? Non pervenuto. Poi lappello alle altre opposizioni, ma per carità «su un progetto, non su meccanismi politicistici» come in passato. Vabbè.
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