Il Pd cerca alleanze ma trova solo liti Vendola: smettetela di fare i maestrini

Roma
Prendete il Pd, che ieri ha analizzato gli esiti elettorali nella direzione nazionale del partito. Nessuno che abbia proposto la ricetta vincente: «Taciamo da ora al 2013, vedrete che vinceremo a mani basse». Macché. Il segretario Pier Luigi Bersani, tanto per preparare il terreno, alla vigilia ha affidato alla stampa i soliti dubbi sull’«affidabilità» di Nichi Vendola: «La verificheremo prima del voto». Peccato che il governatore pugliese abbia imbroccato il candidato giusto a Milano e che San Pisapia sia stato il trascinatore di questa tornata elettorale. Vendola s’è molto offeso: «Una dichiarazione un po’ pelosa - ha risposto - credo che nel centrosinistra nessuno debba mettersi in cattedra e considerare gli interlocutori come degli alunni da sottoporre a degli esami...». Poi ci ha pensato ancora un po’, e s’è proprio incazzato alla barese: «Una dichiarazione meschina, figlia di una cultura del partito che trovo assai invecchiata. Bisogna avere più umiltà, meno spocchia e più disponibilità a mettersi in discussione: vale per me come vale per Bersani». Non si dimentichi che lo stesso Vendola s’era dovuto scusare con Pisapia per la frase «Milano espugnata». Esempio seguito pure da Bersani. «C’è stato un fraintendimento, siamo tutti pari, nessuno vuole fare il maestrino che detta il compito...».
Vendola, da pecorella cattolica, ha capito e perdonato. «Lo ringrazio del chiarimento». Nel centrosinistra ora va un po’ così, bisogna aver pazienza. Uno dice quel che pensa degli alleati poi, fortunatamente, subito si scusa. Però siamo davvero sicuri che non ci siano più «maestrini»? Ascoltate Massimo D’Alema, che ieri ha accarezzato il sogno di aver messo le mani sull’elettorato di centro, mentre Casini e Buttiglione fanno i preziosi. «Le pigrizie, le furbizie e il terzoforzismo del Terzo polo non hanno concorso al loro successo elettorale... I loro elettori sono un passo avanti rispetto ai dirigenti». Invece, ha spiegato, «va dato atto ai dirigenti di Sinistra e Libertà di essersi mossi con disciplina come è accaduto a Macerata: questa chimica funziona (l’alleanza tra moderati e riformisti, ndr), anche se è evidente che il doppio turno favorisce la fusione a caldo».
Se è incerto il luogo dove il mitico Max abbia studiato chimica e fisica (Normale di Pisa?), resta abbastanza comprensibile il retroterra da cui proviene l’analisi. A Macerata i dirigenti di Sel hanno accettato con disciplina degna d’altri tempi (ha da tornà Baffone!) un piccolo alambicco sperimentato dal Pd, l’abbraccio contronatura con Casini. Il quale, invece, inelegantemente, non ha esaltato quella micro-prova ritenendola marginale. Traduce il dirigente che ha studiato a Mosca: Casini non capisce ciò che i suoi elettori hanno capito, in mancanza di meglio si può bere pure la sbobba offerta dal Pd.
Però qualcuno potrebbe sommessamente far presente a D’Alema e compagni che oltre a chimica e fisica avrebbe dovuto approfondire anche l’aritmetica? Macerata conta 36.160 elettori, Milano 996mila 400, Napoli 810mila e 973.

Ancora una volta i dirigenti piddini vanno a testa bassa verso il centro di Macerata e dimenticano il terremoto di Milano e Napoli, dove elettori imbufaliti hanno votato per candidati anti-Pd, e molto convincenti. Però non drammatizziamo: trionferemo con Fini a Pizzighettone.
RoS

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