Il Pd denuncia la crisi poi brucia 350mila euro per rappacificare i big

La kermesse alla Fiera di Roma è costata 250 euro al minuto. E arrivano le critiche interne: si predica bene e si razzola male

Il Pd denuncia la crisi poi brucia 350mila euro per rappacificare i big

Roma - «Non si vede uno straccio di manovra». Pagheranno «i ceti medio bassi». Il governo non è in grado di arginare la crisi economica, pensa a un «megacondono». Parlava così, sabato all’assemblea programmatica del Pd, il segretario Pier Luigi Bersani. Da che pulpito, verrebbe da dire.

Sì perché il palco tricolore dal quale l’ex ministro ha arringato la platea dei delegati del Partito democratico alla Fiera di Roma, con il gioco di vele bianche a rinfrescare la scenografia, con l’affitto del padiglione e il catering (una cena e due pranzi), l’allestimento tricolore come sfondo agli oratori, sarebbe costato la bellezza di 350mila euro. La cifra la confida al Giornale un esponente della minoranza del Pd: «Si parla di crisi e poi tutta questa spesa... ». Per cosa poi?

Settecento milioni delle vecchie lire per fare la pace. Due giorni di discorsi e di complimenti. Veri o falsi che siano: Franceschini, D’Alema e Bersani, all’apparenza amici. Non era meglio un caminetto, una cena, un loft, per fare quattro chiacchiere e stringersi la mano? La domanda non se la pone Il Giornale, ma qualche voce critica interna, naturalmente coperta da stretto anonimato.
Affitto e vettovaglie sarebbero costate da sole 80mila euro. All’assemblea programmatica di Roma hanno partecipato mille delegati, e certo andavano sfamati e accolti. Ma dal fronte avversario, per fare un paragone recente, raccontano che il Congresso fondativo del Pdl dello scorso anno, evento all’apparenza più sfarzoso, quantomeno perché epocale dato che si creava un nuovo partito, e più lungo (tre giorni), svolto nello stesso luogo, ossia la Fiera di Roma, costò 450mila euro.

La parte maggiore delle spese nel weekend romano di cessazione delle ostilità nel Partito democratico sarebbe confluita nella stretta organizzazione della kermesse. Scenografia, nuovo logo (Pd open), costi tecnici e ospitalità. Il tutto è durato in realtà poco più di ventiquattr’ore: dal pranzo del venerdì al pranzo del sabato. E se fosse davvero confermata la cifra indicata, significherebbe che il Pd ha speso circa 15mila euro l’ora, notte compresa, 250 euro al minuto, 4 euro al secondo, per l’assemblea della Fiera romana che ha sancito, sulla carta, l’«unità».

Perché è stato sostanzialmente questo il messaggio (cerchiamo di non litigare più) del dispendioso evento ai padiglioni della capitale, oltre alle critiche al governo sulla manovra e sulla malagestione della crisi. Qualcuno nel Pd fa notare che è stato affittato, in fondo, un solo padiglione e non due. Addirittura che la moquette sarebbe quella riciclata dell’assemblea di novembre, come il tendaggio color avorio. Si sarebbe tentato, in fondo, di risparmiare, vista la crisi. Ma il conto della pace rimane comunque salato.

L’ultimo rendiconto economico del Pd, anno 2008, dice che il partito, inteso come sede nazionale, quell’anno spese quasi 9 milioni di euro per la cosiddetta propaganda, di cui 969.493, ossia quasi un milione, per «l’organizzazione di manifestazioni in luoghi pubblici o aperti al pubblico». Ma quello fu l’anno delle elezioni e della manifestazione al Circo Massimo organizzata da Walter Veltroni.

«Abbiamo cambiato sette leader del centrosinistra - ha ricordato proprio l’ex segretario sabato alla Fiera di Roma - mentre nel centrodestra c’è sempre lo stesso. Bisogna toglierselo questo vizio del centrosinistra di impallinare personalmente chi ha la responsabilità di guidare». E chissà che cambiando meno segretari, il Pd ne tragga benefici anche per la cassa.

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