A forza di indietreggiare hanno trovato la loro linea Maginot. Non è il 2 per cento invocato da Roberto Benigni. È il 1945. La Festa Democratica del Pd chiude a Genova - per dirla con Mario Tullo, segretario regionale e moderatore di uno degli ultimi dibattiti - «rimettendo al centro dellazione politica il tema e i valori della resistenza». La sinistra torna indietro di oltre sessantanni, riparte da lì, dallultimo argomento utile, che pure sembra scricchiolare davanti alla storia che lentamente svela tutte le verità.
Ma al Porto Antico la verità è una. E per sentirsela ripetere accorrono addirittura più militanti di quanti avessero assistito allinaugurazione. Trecento persone ci sono. E si affidano ai ricordi di Raimondo Ricci, presidente nazionale dellAnpi, che alla fine si dimostra persino il più moderato. Certo, si scalda e si emoziona ricordando gli anni della guerra. Gli trema la voce quando invita a «mobilitare i giovani, perché conoscendo la nostra storia si schierino insieme a noi. Serve collaborazione tra generazioni, perché ora si torni a svolgere il compito che abbiamo svolto in passato». E tra un «Uniti vinceremo!» e un ritornello sulla costituzione da difendere, offre lassist. Preferisce che siano altri a essere più espliciti.
Parola allArmandone Internazionale, al vecchio leader comunista, quello che i valori della costituzione magari li poteva mettere in discussione solo se glielo avesse chiesto il Kgb. E Cossutta non tradisce le attese. Applaude Giorgio Napolitano per «il grande contributo alla battaglia contro ogni falsificazione, denigrazione e revisionismo cieco sui valori della Resistenza». Poi ribadisce che dopo l8 settembre «non fu guerra civile, ma una grande epopea di guerra di liberazione». Sì, è vero che non è che i partigiani fossero poi tanti «200-300mila combattenti al massimo, ma cera il popolo con noi». Quindi era lecito fare qualsiasi cosa. «So benissimo che ci sono stati episodi crudeli, drammatici - tenta di ammettere, senza riuscirci fino in fondo -. Li abbiamo condannati. Ma si tratta di episodi, una piccola cosa. Non sarà il sangue dei vinti che potrà oscurare lepopea gloriosa della resistenza». Applausi. Ma è solo il preambolo. «Oggi la situazione è grave - ecco lì il parallelismo che scatta inesorabile -. Oggi abbiamo un presidente del consiglio che pensa di essere al di sopra dello Stato, che vuol confondere il governo con il comando, la politica con il dominio assoluto. Sentiamo che le nostre conquiste di libertà sono in pericolo». Un po di solidarietà sparsa su Repubblica e Unità, poi Cossutta ricalca la velina: «Non per questo mondo abbiamo combattuto e i nostri compagni sono morti». Serve unAnpi immortale. E forse non basterà. Quindi per il nuovo antifascismo val la pena arruolare anche quelli che sono sempre stati «i fascisti». I partigiani patteggiano anche con loro, li mettono a capo delle loro armate se cè di mezzo Berlusconi. «Sarò ottimista - la buttà lì Cossutta - ma oggi vedo crepe in questo regime. Sì, è vero, il governo ha consenso, ma anche dissenso interno. Alte cariche dello Stato prendono le distanze».
Eccolo lì. Lex camerata Fini non è solo leroe del Pd, è anche il dux dei partigiani. Parole fraintese? Forzatura? Macché. Basta attendere Francesco Saverio Garofani. «Chi??? - non riesce a trattenersi uno dei resistenti, nel senso che resiste fino alla fine - Quello che non si è mai visto da queste parti?». Sì, proprio lui, lonorevole fantasma della Liguria, che sgombra il campo dai dubbi: «Ci sono due destre (si scoprirà che una è persino brava, ndr) che fanno fatica a stare insieme - la spara a una platea che finora alla Festa dellUnità ha sempre mangiato funghi fritti e botte di fascista a chiunque non la pensi a sinistra - Una ha fatto i conti fino in fondo con il suo passato. È entrata finalmente e definitivamente in quello che un tempo si chiamava arco costituzionale». Inciso: sta parlando degli ex missini. «Oggi questa destra incontra una destra che se non è anticostituzionale almeno è a-costituzionale». E giù nuovi riferimenti a Fini.
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