Caro Partito Democratico, tanti auguri. Un anno fa, il 14 ottobre 2007, nasceva il Pd: lunione di due storie, due culture, due modi di interpretare la società e la cultura opposti, fusi insieme nella speranza di creare un blocco unico nel centro sinistra. Un anno dopo in tanti vogliono fare la festa al Pd. Ma non nel modo in cui tutti vorrebbero festeggiare un compleanno.
«Siamo una sommatoria di gruppi che hanno aderito ad unipotesi» è la dura critica che arriva dalla base e da diversi dirigenti ed amministratori locali. Un partito che paradossalmente arranca nel rapporto con la base e sul territorio: punti di forza dei vecchi Ds. Qualcosa si sta incrinando seriamente. Non solo a livello nazionale. E cè chi esce allo scoperto con la volontà un po di dare ordine alla situazione, un po di mostrare i muscoli in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Qualcuno che si dice stufo nellassistere ad una linea politica dettata dallalto. Quel qualcuno ha una storia ed un curriculum di tutto rispetto. Ci sono Mario Margini (assessore ai lavori pubblici del Comune di Genova) e Claudio Montaldo (assessore alla Salute della Regione) pronti, tra dieci giorni (lunedì 20 ottobre alle 17.30 al Jolly Hotel Marina), a presentare il loro «manifesto» per il rilancio dei democratici di casa nostra. Programma chiaro così come lappello a dirigenti e militanti: «Rischiamo di disperdere, per eccessi di verticismo e per la logica di chiusura autoreferenziale seguita dai gruppi dirigenti - dicono i due-, il patrimonio di attenzione che si era creato allatto della fondazione del nuovo partito». Margini e Montaldo sottolineano la prova molto complessa nel creare la nuova realtà e non puntano il dito sui vertici nazionali ma preferiscono affrontare la questione in termini localistici: «Vogliamo denunciare che si è accentuata fortemente una visione ed una pratica verticistica nella gestione della politica- spiegano-. Le scelte, sia a livello nazionale che locale, devono diventare oggetto di un confronto davvero aperto».
E a segnare la difficoltà strutturale di una casa costruita senza fondamenta è proprio il ragionamento aperto dai due desaparecidos: «Non è più gestibile - continuano Margini e Montaldo- una situazione in cui il Pd resta, nei fatti, una sorta di federazione di qualche cosa che già cera, una sommatoria di gruppi che hanno aderito non ad una sfida ma ad unipotesi. Un salto di qualità non è più rimandabile». Ma non cè solo questo dietro alle reazioni dei due. Il progetto è quello di costruire una vera e propria corrente interna al Pd ligure che si possa contrapporre a quella che ha a capo Ubaldo Benvenuti (consigliere regionale) e Graziano Mazzarello (ex senatore ulivista). Alla base di tutto ci sono le scelte per le elezioni europee con il tandem Benvenuti- Mazzarello pronto a sponsorizzare la candidatura di Lorenzo Forcieri, mentre Margini e Montaldo chiedono le primarie.
Non solo, ma la leadership regionale di Mario Tullo è sempre più in discussione. Così ognuno cerca di ritagliarsi un proprio spazio per avere maggiore voce in capitolo. Da questa divisione in correnti, creata peraltro da ex Ds, rimangono al momento fuori i Margheriti anche se lasse Massimiliano Costa, Claudio Gustavino, Pippo Rossetti potrebbe costituire la terza via. Altra questione a scatenare questo terremoto interno è la candidatura di Claudio Burlando alla presidenza della Regione. Scelta non ben vista da molti in casa Pd «con Claudio sappiamo di andare a perdere» è il ritornello che arriva da piazza De Marini, ma il fatto che sia stato lo stesso Walter Veltroni a comunicare che tutti i presidenti di Regione al primo mandato verranno confermati per le prossime regionali, fa spostare il bersaglio.
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