Quella che il Pd sta organizzando a Torino per settembre a tutto somiglia, tranne che a una festa. Le defezioni dei membri del governo e le liti interne sullorganizzazione hanno affossato il tentativo di Bersani di dare appeal alla kermesse. Un evento di confronto politico i cui organizzatori si prendono a pesci in faccia: che attrattiva può avere? E oltretutto loggetto del contendere non è neanche un tema interno. Come accaduto con Fini - battaglie tra chi apriva a unalleanza con lex leader di An e chi si ribellava allidea - anche questa volta il la alla faida interna lha dato il centrodestra, con il rifiuto, da parte dei ministri Tremonti, Calderoli e Maroni di partecipare alla festa per il mancato invito al governatore leghista del Piemonte Roberto Cota. Questo il casus belli, Sergio Chiamparino (sindaco di Torino) e Nicola Zingaretti (presidente della Provincia di Roma) i belligeranti. Chiamparino ha definito «un errore» non invitare Cota; Zingaretti ha replicato esprimendo «stupore che esponenti del Pd si siano prestati al gioco falso e strumentale» dei tre ministri, e condannando la «subalternità del Pd a qualunque presa di posizione della destra».
A dar manforte al sindaco di Torino ci hanno pensato ieri il deputato Pd torinese Giorgio Merlo, che intervistato dalla Padania ha definito la porta chiusa a Cota una «violazione al galateo istituzionale», e lex presidente della Camera Violante, che ha ribadito la necessità di invitare tutti, e quindi «anche Cota». «Che bello fare il responsabile della festa del Pd - ha sbottato alla fine il capo organizzatore Lino Paganelli -. È come essere il ct della nazionale: sessanta milioni di italiani ti dicono come fare la formazione».Il Pd alla finestra va in crisi persino su Cota
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