Il Pd nasconde Visco Nella partita elettorale vale come un autogol

Il Pd nasconde Visco Nella partita elettorale vale come un autogol

da Roma

Il copyright della battuta è indubbiamente di Daniele Capezzone fatta ieri ad Omnibus su La 7. L’ex segretario radicale osserva: «Il Pd ha nascosto Vincenzo Visco. Non si vede più in giro. Per trovarlo bisogna chiamare Chi l’ha visto?».
In effetti, dall’inizio della crisi di governo le apparizioni pubbliche e le dichiarazioni del viceministro dell’Economia, competente per il lato fisco, si sono diradate. «Siamo in ordinaria amministrazione», spiegano i suoi. «Con le dimissioni del governo e la convocazione delle elezioni anticipate, tutto il governo è in carica per il disbrigo degli affari correnti. Quindi - precisano - stiamo facendo le circolari necessarie per il funzionamento della macchina fiscale. Comunque, la prossima settimana faremo una conferenza stampa sull’andamento delle entrate».
Ieri, il viceministro veniva segnalato da un convegno su “Separazione della rete degli operatori di telecomunicazioni, fra concorrenza e sviluppo”. Ma è rimasto in ufficio a piazza Mastai. L’ha abbandonato solo l’altro ieri, martedì, per partecipare alle commemorazioni di Beniamino Andreatta. Era «un punto di riferimento forte e sicuro. Nel panorama non incoraggiante di oggi - ha detto - la sua presenza pesa ancora di più».
In difesa di Visco è sceso in campo a Porta a porta Walter Veltroni. «Dobbiamo dirgli grazie se si possono fare interventi a favore dei salari. Può essere comodo, ma è sbagliato, fare una campagna contro Visco». Nel loft del Pd, però, sono in molti a essere convinti che l’immagine agganciata al viceministro dell’Economia non sia conveniente utilizzarla in campagna elettorale. E forse quel riconoscimento del segretario può essere la condizione per far restare il prof. Enzo nell’ombra.
Se la politica fosse un melodramma, la figura di Visco potrebbe somigliare - con le dovute differenze - a quella di Scarpia nella Tosca. Il “cattivo” indispensabile, al quale non dispiace avere un’immagine negativa, anzi. Similitudine avvalorata dal fatto che quando Scarpia deve torturare Cavaradossi (amante di Tosca) dice: «Chiamate Ruberti, il giudice del Fisco».
L’ultima dichiarazione ufficiale del viceministro su questioni strettamente legate ai conti pubblici (da qui la battuta di Capezzone) risale all’11 febbraio. Era all’indomani dell’analisi del Sole-24 ore in base alla quale il Bilancio dello Stato segnava un “buco” di 7 miliardi, prodotto da spese non coperte con la legge finanziaria (a partire dal rinnovo dei contratti pubblici). Con il suo solito stile, Visco ha giudicato l’analisi «tecnicamente non corretta». Padoa-Schioppa, in una nota, invece, ha confermato che le spese indicate non hanno reale copertura in Finanziaria; ma c’era l’impegno a trovarlo.
Con maggiore veemenza del ministro, poi, Visco ha anche difeso l’equilibrio dei conti.

«Non ci sono problemi per il 2008», ha detto, avvalorando l’ipotesi (esclusa dal titolare dell’Economia) dell’esistenza di «tesoretti fiscali». «Sul lato delle entrate - ha aggiunto - non credo ci saranno sorprese. Anzi. Attendiamo risultati positivi». Da quel momento, ad eccezione della commemorazione di Andreatta, più nulla.

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