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Il Pd perde 12 punti, l’Idv non brilla Il centrodestra sfonda tra gli operai Bene l’Udc (+3,8% rispetto alle Politiche 2008) ma «pesa» il traino del Pdl In rosso la coalizione del governatore uscente, che passa dal 45,8% al 38,4%

Strano destino, il suo. Renato Soru, l’uomo che amava tassare, esce di scena tartassato e sconquassato. Ma che cosa c’è dietro il terremoto elettorale sardo che ha disarcionato il monarca assoluto? Ci sono i numeri innanzitutto: nel complesso il centrodestra ottiene il 56,8 per cento, rispetto al 50,5 per cento delle politiche e al 51,9 per cento delle regionali. Bene, benissimo per Ugo Cappellacci e i suoi supporter che gli hanno fatto compagnia in questa inebriante avventura e male, anzi malissimo, per la coalizione di centrosinistra. Che passa da un 45,8 per cento delle regionali e da un 44,5 per cento delle politiche al 38,4 per cento di queste elezioni.
Il monopolio dell’aggettivo «devastante» spetta sicuramente al Pd. Che passa dal 36,2 per cento delle politiche al 24,4 per cento. Giusto per la cronaca occorrerebbe ricordare che alle regionali 2004 Ds-Margherita e Progetto Sardegna presero il 31,9 per cento. Devastante, appunto. A maggior ragione se si considera che le province dove si è votato di più sono quelle di Nuoro (69,5 per cento) e di Sassari (69,2) storiche roccaforti del centrosinistra. E l’Italia dei valori ? Mostra valori un po’ contraddittori e risultati deludenti se si considera che in una elezione che vede perdere ben il 10 per cento al Pd, i «dipietrini» sardi guadagnano solo l’un per cento (dal 4 al 5,2). Quanto all’Udc se è vero che conquista il 9,4 per cento (3,8 in più) rispetto alle politiche 2008 è anche vero che rispetto alle regionali del 2004 scende dello 0,9 per cento il che significa che, all’interno del centrodestra ha goduto in Sardegna dell’effetto trainante di far parte della coalizione.
E, dopo i numeri, anche le parole ovviamente aiutano a interpretare le ragioni della sonora sconfitta di Soru. Per esempio quelle del segretario regionale della Cisl, Mario Medde, secondo cui «la disoccupazione e la povertà hanno pesato come un macigno nelle scelte. I risultati elettorali rafforzano i convincimenti di quanti sostengono che è fondamentale farsi carico delle difficoltà in cui versano in Sardegna le famiglie, i pensionati e i lavoratori e promuovere maggiori opportunità lavorative per contrastare il fenomeno dilagante delle povertà». Una tesi ripresa anche da Massimo Putzu, presidente della Confindustria sarda: «Adesso possiamo contare su un governo stabile con il quale lavorare per rilanciare la Sardegna. Non sarà facile. Il terremoto che sta investendo il mondo - ha spiegato Putzu - sta producendo anche in Sardegna effetti estremamente negativi. L’aggravarsi delle situazioni di crisi nelle principali aree industriali come Portovesme, Porto Torres, Ottana si lega con l’intensificarsi del calo degli ordini che le imprese sarde di tutti i settori produttivi stanno fronteggiando». Non a caso il centrodestra, sono ancora una volta i dati a parlare, è riuscito a far più che breccia in zone dell’isola finora ostili come l’Ogliastra e il Sulcis Iglesiente, una delle aree industriali maggiormente in crisi per la quale il premier Berlusconi «mettendoci la faccia» aveva assicurato l’impegno del governo.
Contro la disoccupazione e la crisi, Berlusconi, va ricordato, non ha dispensato i «vedremo» e i «faremo» del governatore Soru ma era passato a fatti concreti. A Porto Torres stipulando un accordo tra il governo e la Safi per la cessione degli impianti chimici in crisi e a Iglesias assicurando garanzie per la Rusal, l’azienda russa proprietaria di Euroalluminia. «Dalle urne è uscito un segnale forte e chiaro: la Sardegna ha scelto di cambiare. Il risultato elettorale chiude una stagione di governo che, evidentemente, i sardi e le imprese della Sardegna non hanno giudicato positivamente. E così oggi le imprese agricole guardano con attenzione e fiducia al nuovo corso». È il commento del delegato confederale della Coldiretti Sardegna, Aldo Mattia, sul voto nell’isola. Un altro grido di dolore quello lanciato a suo tempo dagli agricoltori che il Califfo Soru, troppo impegnato a concedere deroghe ai suoi mille divieti agli amici più fidati, aveva preferito ignorare. Mai mettere troppa carne al fuoco.

Ci si brucia, alla fine.

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