Roma - Intercettazioni: prendiamocela con i giornalisti. Più che le sanzioni per le «talpe» negli uffici giudiziari, che passano le carte ai mass media, per il Pd ci vogliono sanzioni pecuniarie per chi pubblica le conversazioni.
Dopo tante battaglie in parlamento contro la proposta del Pdl, proprio ora che la maggioranza annuncia la volontà di tornare alla carica sulla questione, scende in campo il maggiore partito d’opposizione, con una proposta di legge appena presentata alla Camera. In difesa della vita privata di troppe persone dilaniata da «un barbaro tritacarne».
Il primo firmatario è Antonello Soro e l’idea è quella di un Codice di deontologia, promosso dal Garante per la protezione dei dati, che il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dovrebbe adottare entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge, con tanto di sanzioni pecuniarie amministrative per i «trasgressori». In caso contrario, ci penserà direttamente l’Autorità per la privacy.
Insomma, per il Pd le intercettazioni sono utili alle indagini e non possono essere limitate, ma bisogna porre dei limiti precisi agli «effetti perversi della diffusione su stampa e tv». Nessun problema di eccessi nell’uso di questo strumento, magari di strumentalizzazioni politiche e di risvolti economici pesanti.
L’unica preoccupazione è limitare le fughe di notizie e la pubblicazione delle conversazioni che alimenta il gossip e coinvolge anche estranei alle vicende giudiziarie, violando la privacy. Come? Colpendo l’ultimo e più debole anello della catena: il giornalista. L’obiettivo è quello, dichiarato, di tenere al riparo soprattutto i magistrati da «soluzioni meramente repressive, con sanzioni sproporzionate ed ispirate più ad una logica vendicativa che ad una seria politica di prevenzione del danno». Ecco, allora, la soluzione del Codice di autoregolamentazione.
E a sorpresa, dopo tante battaglie, scioperi e proteste contro ogni bavaglio alla libertà di stampa, contro le multe a giornalisti ed editori proposte dal Pdl, arriva in questo caso il placet del presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Jacopino. «È la strada giusta - dice -, infatti l’Ordine aveva già iniziato a riflettere su un meccanismo simile, tanto da aver pensato in passato ad un giurì. Così non si penalizza la libertà di stampa ma si tutelano i cittadini».
Ecco come la spiega Soro: le disposizioni del Codice «non saranno semplici norme di buona condotta da applicare all’interno della categoria professionale, magari con logiche corporative, ma regole dell’ordinamento generale, valide per chiunque scriva od operi sui mezzi di informazione: il loro rispetto potrà dunque essere fatto valere davanti al Garante o al giudice ordinario».
Così, per il deputato Pd, si potrà utilizzare e sistematizzare la ricca giurisprudenza e le numerose pronunce dell’Autorità. In particolare, l’adozione quasi 13 anni fa del codice «generale» dei giornalisti oggi vigente. «Contiene - sostiene Soro - solo alcuni principi generalissimi, quanto mai bisognosi di specificazione e chiarimento, oltre che di un necessario aggiornamento anche alla luce dell’evoluzione nel frattempo verificatasi nel mondo dell’informazione».
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