Il Pd trema per la super tangente

Enrico Lagattolla

MilanoScena già vista: c’è sempre il pollo che si fa trovare il libro mastro o il file di Excel con i conti delle tangenti. Ma stavolta cambia tutto: perché a farsi beccare con la contabilità della mazzetta è l’«esattore delle tangenti» di Filippo Penati, l’uomo più importante dei Ds in Lombardia, sindaco di Sesto, poi presidente della Provincia, poi capo della segreteria politica di Bersani. E ora imbarazzante testimonial della via democratica alla tangente: una stecca da un milione e quattrocentomila euro, calcolano i pm. L’indagine su Penati sembrava a un punto morto, forse lui pensava di potersi persino salvare. Invece ieri mattina arriva la nuova esplosione. E fa capire che forse l’inchiesta non è alla fine, ma solo all’inizio.
Scatta una ondata di perquisizioni, e ruotano tutte intorno al grande business dell’autostrada Milano-Serravalle, quella che Penati volle a tutti i costi e ostinatamente conquistare a spese dei cittadini (e adesso si comincia a capire il perché). Finisce nei guai uno dei fedelissimi di Penati: Massimo Di Marco, già amministratore della Serravalle, tuttora presidente della Tangenziale Esterna Milano, la nuova arteria che dovrebbe sorgere a oriente della metropoli. Nelle carte emergono i nomi dei grandi e piccoli finanziatori del «sistema Penati». Compreso Matteo Cabassi, erede di uno dei più colossali patrimoni immobiliari d’Italia, che gli uomini di Penati avrebbero aiutato a rifilare alla Serravalle un palazzo invenduto della sua Milanofiori, cubi tutti uguali di vetro e cemento all’imbocco dell’autostrada.
È una svolta decisiva. Finora, nelle carte dell’inchiesta della Procura di Monza sulle tangenti rosse a Sesto San Giovanni, a carico dell’uomo forte del Pd c’erano - oltre alle vicende sull’orlo della prescrizione legate all’area Falck - soprattutto le accuse di Piero Di Caterina, imprenditore non proprio cristallino: che raccontava di avere fatto da esattore per conto di Penati della stecca versata dall’imprenditore Bruno Binasco, del gruppo Gavio, per ringraziare Penati di avergli comprato a un prezzo fantasmagorico le azioni della Serravalle. Un milione e quattrocentomila euro di tangente estero su estero.
Ma dai decreti di perquisizione che i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Milano eseguono ieri mattina si scoprono due cose. La prima: per la Procura, il vero esattore di Penati, quello che rimpiazza e surclassa Di Caterina, è il super architetto Renato Sarno: «uomo di fiducia e collettore di tangenti del presidente pro tempore della provincia di Milano Filippo Penati», lo definiscono senza mezzi termini i pm. È Sarno a incassare e smistare mazzette, compresi i centomila euro consegnati al portavoce di Penati, Franco Maggi, e alla segretaria particolare del leader, l’allegra e opulenta Claudia Cugoli: entrambi finiscono indagati per ricettazione.
Si scopre anche che sulla tangente pagata dal gruppo Gavio a Penati per l’affare Serravalle, la Procura ha cercato e trovato riscontri: e non a caso nel registro degli indagati finisce, accusato di concorso in corruzione, l’uomo che all’epoca in cui la stecca venne pagata estero su estero dirigeva la San Paolo Suisse Bank, e adesso lavora per conto dei Gavio: si chiama Matteo Rocco e per la Procura è verosimile che «in tale ruolo abbia gestito la movimentazione “riservata” all'estero dei fondi profitto della vendita di azioni della Milano Serravalle».
Ma si scopre soprattutto che i mano a Penati e ai suoi uomini, sempre se la ricostruzione della Procura monzese è esatta, la Serravalle era diventata una macchina da spremere. Un capo di imputazione per Di Marco, Sarno e Penati riguarda la tangente che un costruttore, tale Vittadello, avrebbe pagato per chiudere un contenzioso con l’autostrada. Un altro riguarda la costruzione della terza corsia dell’autostrada. Un altro i lavori di «mitigazione acustica». Un altro ancora riguarda le tangenti che un geometra di Parabiago, Pier Franco Pirovano avrebbe pagato «per un accordo di programma ancora in via di individuazione»: la contropartita ancora non si sa, ma si sa che la ditta di Pirovano, la Chiara Edificatrice, «risulta aver finanziato Penati tramite sponsorizzazioni o versamenti ai comitati elettorali».
E poi c’è l’affare Cabassi.

Che coinvolge il presidente dell’Eni, Paolo Colombo, che era anche presidente di una società dei Cabassi, “Sintesi”: «e in tale qualità è stato destinatario di una informazione riservata concernete la ricerca dell’immobile per la nuova sede sociale di Milano Serravalle, informazione da trasmettere al dottor Cabassi». I Cabassi si sarebbero sdebitati per la dritta con un incarico professionale affidato a Sarno: l’esattore di Penati.

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