Il Pdl aspetta la manovra ma non ci metterà la faccia

Roma«Dopo tre anni e mezzo con Giulio, ormai ci sono abituato. Anche Monti fa tutto da solo...». É una battuta quella che il Cavaliere riserva al suo interlocutore, ma il rischio che si arrivi fino al Consiglio dei ministri di lunedì senza conoscere i dettagli del pacchetto anti-crisi che sarà varato dal governo è concreto. Da via dell’Umiltà, infatti, smentiscono appuntamenti in agenda tra il premier e Alfano. E pure le parole di Casini («non servono riunioni preventive») lasciano intendere che il giro di consultazioni potrebbe essere light e magari telefonico. Senza entrare, insomma, nel dettaglio di ogni singolo provvedimento. Che poi sarebbe la soluzione più gradita ai partiti che sostengono l’esecutivo (e che voteranno le misure), visto che né Pdl né Pd hanno granché voglia di mettere la faccia sulla stangata in arrivo.
Ecco perché il fatto che il governo «fa tutto da solo» è un problema fino a un certo punto per Berlusconi, tant’è che l’ex premier si limita ad una battuta e nulla più. Già, perché le misure saranno drastiche e se davvero si desse il via al solito rituale aprendo la contrattazione su ogni punto ci sarebbero scricchioli sia in casa Pdl che in casa Pd. Un’agitazione fine a se stessa, visto che nessun partito potrebbe prendersi la briga di mettersi di traverso adesso, con il Consiglio europeo dell’8 e 9 dicembre che incombe.
Insomma, mettere il Parlamento davanti al fatto compiuto potrebbe essere la soluzione più indolore anche nell’ottica del Cavaliere. Che ieri, ospitando a cena a Palazzo Grazioli gli ex ministri del Pdl, ha toccato ancora una volta con mano quanto il partito sia diviso nel sostegno a Monti. Al punto che durante la riunione dei capigruppo del Senato non è stata solo la Lega ad alzare la voce. Se il Carroccio ha chiesto che Monti riferisse a Palazzo Madama sui provvedimenti anti-crisi già martedì (24 ore dopo averli presentati in Consiglio dei ministri), Maurizio Gasparri ha infatti annunciato che presto sarà presentata una o più mozioni su ministri e membri dell’esecutivo sul tema di potenziali conflitti d’interessi. Non certo, dunque, un segnale di disgelo.
Forse è anche questa la ragione per cui il Cavaliere continua a tenere alta la tensione. In pubblico, visto che più volte ha ripetuto di voler preparare al più presto il Pdl per la campagna elettorale. Ma anche in privato, visto che con alcuni dei malpancisti si dice «sicuro» che a giugno si tornerà alle urne. E sempre in questa direzione va l’idea di quella sorta di governo ombra che Berlusconi aveva buttato lì come ipotesi qualche giorno fa. Anche se molti degli ex ministri presenti ieri sera a cena non sembrano molto convinti e preferirebbero dei semplici gruppi di lavoro che si occupino di valutare i provvedimenti del governo.
Nel Pdl, insomma, resta la maretta. Non solo sul fronte dei rapporti con Monti (e quindi, in prospettiva, anche con la Lega) ma anche sul versante primarie. Il Cavaliere, infatti, guarda con qualche perplessità la liaison tra Formigoni e la Lega.

Secondo molti, il governatore lombardo sta cercando il sostegno del Carroccio nel caso si arrivasse alle primarie di coalizione per il candidato premier (e sarebbe l’unico modo per vincere la partita con Alfano). E sarebbe disposto a mettere sul piatto la successione al Pirellone per la Lega.

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