Pdl a congresso Il premier blinda il via alle riforme

Secondo miracolo in quarantotto ore. Dopo l’inatteso, nelle proporzioni, successo elettorale, Silvio Berlusconi ha dato il via libera alla convocazione in tempi stretti degli organi del Pdl, ufficio di presidenza, direzione nazionale e consiglio nazionale. Di fatto il primo congresso del partito dalla sua fondazione. Nessuna festa o celebrazione all’ordine del giorno. Anzi. Per la prima volta è il presidente a chiedere qualche cosa. E cioè il via libera al suo progetto di riforme. Il segnale è chiaro e diretto sia all’interno che all’esterno. Si tratta di sgomberare il campo dalla leggenda, con qualche riscontro reale, del padre padrone che decide senza consultare, che impone bypassando passaggi formali che invece alcuni ritengono, legittimamente, sostanziali. Colonnelli, marescialli, deputati e senatori dovranno insomma assumersi, votando in assemblea, la responsabilità di portare a compimento le riforme previste dal programma e forse non solo quelle.
Dopo mesi di tensioni e rinvii, Berlusconi blinda per via democratica la sua maggioranza. Il risultato appare scontato, avendo l’ex Forza Italia la maggioranza dentro gli organi deliberanti del Pdl. Sarà Gianfranco Fini, e la sua pattuglia di aspiranti scissionisti, a dover decidere da che parte stare. Il presidente della Camera, preso atto del successo elettorale di Berlusconi e del fatto che l’asse con la Lega è ormai imprescindibile, ha messo nelle ultime ore le mani avanti dicendosi formalmente disponibile ad affrontare il tema delle riforme. L’ex leader di An pone però una serie di condizioni che rischiano di innescare di nuovo quel braccio di ferro che ben conosciamo e che non ha dato nessun risultato. A Fini insomma non dispiacerebbe continuare la sua battaglia di opposizione ma solo sul piano verbale, senza doverne trarre le conseguenze politiche e pratiche. I risultati delle elezioni dimostrano che ha sbagliato i tempi della fuga in avanti e ora, proprio come succede ai ciclisti arditi ma sprovveduti, si ritrova solo, col fiato corto e il gruppone che arriva e lo sta per travolgere.
Ma di tempo non ce n’è più. Berlusconi accelera e gioca di anticipo. Denis Verdini, coordinatore nazionale e uomo macchina del partito, è già al lavoro. Se crisi interna deve essere che si manifesti non in Parlamento ma prima nella sede corretta, in quegli organi collegiali il cui non utilizzo è proprio una delle rimostranze dei finiani. Se, dopo un ampio e approfondito confronto (come si dice in questi casi) la maggioranza del Pdl deciderà di avviare subito le riforme (federalismo fiscale, giustizia e nuovo assetto dello Stato), i lavori parlamentari non potranno che prendere velocemente quella direzione. Così come l’opposizione non potrà più trincerarsi dietro un ostruzionismo per fatto personale nei confronti del premier.
Chi dentro il Pdl non condividerà le decisioni finali avrà solo due strade. Adeguarsi, come accade a tutte le minoranze in democrazia fatto salvo che per casi di coscienza, oppure uscire dal partito. Forse più che nuovi governatori, le elezioni regionali hanno portato nel Pdl voglia di chiarezza. La stagione dei balletti e dei rinvii pare davvero avere le settimane contate.

Le conseguenze interne saranno tutte da vedere. Verdini da una parte e La Russa dall’altra stanno lavorando per evitare colpi di scena clamorosi anche se in questo momento nessuno più li teme al punto da preferire la via dell’immobilismo.

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