Roma - Una telefonata che sa tanto di scuse. Gianfranco Fini - appena avuta notizia della bagarre in diretta tra Adolfo Urso, Italo Bocchino e Maurizio Lupi - venerdì notte ha alzato la cornetta e chiamato l’ex azzurro, uno dei suoi vice a Montecitorio: «Non ho visto la puntata ma mi hanno riferito... Com’è andata? Cos’è successo?». E Lupi a raccontare, ancora scosso dagli attacchi personali sferrati dagli ex aennini. E Fini a cercare di metterci una pezza, di smussare, di quietare gli animi: «Gianfranco mi ha rinnovato la stima. Stima che ricambio, sia chiaro. Ma la sua chiamata mi ha fatto davvero piacere». Una solidarietà che ha tanto il sapore di una sconfessione per la linea tenuta dai suoi due fedelissimi.
La rissa andata in onda su Raidue, durante L’ultima parola di Gianluigi Paragone, continua però a scuotere il Pdl. Tanto che potrebbe avere altri effetti nel partito. Gli insulti, le minacce e le accuse che specialmente i finiani di ferro hanno rovesciato addosso a Lupi potrebbero costare caro proprio agli ex aennini. Nel partito c’è chi ha scartabellato lo Statuto per verificare se ci siano gli estremi per l’apertura di un procedimento disciplinare nei confronti di Bocchino, Urso e Granata. Sulla carta, investito della questione sarebbe il collegio dei probiviri, competente a intervenire «in caso di controversie riguardanti l’attività del Popolo della libertà». Sarebbe questo l’organo chiamato a «giudicare sulle infrazioni disciplinari commesse dagli associati del Pdl».
Ma al di là del discorso meramente tecnico, secondo cui «ogni associato, qualora ritenga sia stata violata una norma dello Statuto o che sia stata commessa una infrazione disciplinare o un atto comunque lesivo della integrità morale del Pdl o degli interessi politici dello stesso, può promuovere con ricorso scritto il procedimento disciplinare», si stanno valutando gli effetti politici di una simile mossa. Che fare? Farebbe bene al partito, proprio in questi giorni di fibrillazione, una bacchettata formale ai due oppure no? E poi: i vertici del Pdl come sarebbero orientati? Su questo fronte c’è il massimo riserbo anche perché alcuni sostengono che il leader Berlusconi, irritato per lo spettacolo reso venerdì notte, non sia del tutto contrario a una tirata d’orecchi ufficiale da parte del partito. I triumviri, dal canto loro, scelgono una linea quantomeno attendista per non provocare l’accelerazione di uno strappo che nessuno cerca e vuole. Se Denis Verdini e altri ex azzurri sarebbero possibilisti su un «richiamo» dei due, Sandro Bondi si attesterebbe su posizioni maggiormente neutrali. Forse soltanto per convenienza e per evitare che gli animi si accendano ancor di più.
Il terzo, Ignazio La Russa, fa il pontiere anche in questo caso: «Non mi risultano ipotesi in questo senso - dice -. La priorità, in questo momento, non è certo quella di adottare provvedimenti sanzionatori, ma far cessare questa situazione che danneggia innanzitutto il Pdl». Anche La Russa ammette che «è stato uno spettacolo davvero poco edificante, che non ha fatto bene neppure a chi l’ha messo in campo. Anche se credo che l’abbiano capito pure loro». Acqua sul fuoco a tutti i costi, anche se nemmeno al ministro della Difesa sono piaciute le uscite dei suoi colleghi di partito. E la stoccata arriva anche da lui: «Credo che si siano già penalizzati da soli».
E allora: quanto potrebbe pesare politicamente una sorta di risarcimento ufficiale a Lupi, attraverso un inconsueto richiamo a Bocchino e Urso? E poi, ammette perfino qualche ex azzurro: «Non è che Lupi non abbia risposto per le rime.
Davanti alle telecamere avrebbe dovuto mantenere i nervi più saldi senza controbattere alle provocazioni dei finiani. Cosa che invece non ha fatto. Diciamo che, per ragionare in termini di percentuali, se Bocchino ha straripato al 70%, Lupi lo ha fatto al 30».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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