Il Pdl vuole eleggere Milano a capitale di tutti i ribaltoni

Capofila dei referendari, il tandem Guzzetta-Segni, guarda alle previsioni meteo con lo spirito di chi deve affrontare una corsa in salita: meglio una domenica senza sole, da nord a sud. Poi, lunedì, tutti al lavoro.
Cinquanta milioni di cittadini troveranno altre tre schede alle urne. Viola, beige e verde non saranno i colori dell’estate, ma dovranno pur piacere agli italiani, chiamati a pronunciarsi a due settimane dal voto per Europee e amministrative. Quanti - a parte chi alla cabina elettorale preferirà quella in riva al mare -, pur recandosi a votare per i ballottaggi di provinciali e comunali è pronto a dire «no grazie, tenetevi pure il vostro referendum... »? C’è un nemico da (ab)battere, per i promotori, cioè il quorum del 50% + 1 degli aventi diritto di voto. Più di 25 milioni di persone. Un traguardo, pare, nient’affatto dietro l’angolo.
La posta in gioco Eccoli i tre quesiti della discordia. Con la prima scheda, viola, si vuol cambiare la modalità di elezione della Camera dei deputati. Se dovessero prevalere i «sì», il premio di maggioranza (il 55% dei seggi assegnato su base nazionale) non andrà alla «coalizione di lista» ma alla sola lista che abbia ottenuto il maggior numero di voti. Il secondo interrogativo, scheda beige, riguarda il Senato. Anche in questo caso, i referendari vorrebbero modificare l’attuale legge e assegnare il premio di maggioranza (su base regionale) alla sola lista che abbia ottenuto più consensi. Così s’interverrebbe anche sullo «sbarramento». Sarebbe di fatto superato il meccanismo della doppia soglia per i partiti che si presentano in coalizione (2% nazionale alla Camera; 3% regionale al Senato) oppure per quelle in corsa da sole (4% alla Camera e 8% al Senato). Infatti, affermandosi i «sì», verrebbe a mancare in blocco la prima ipotesi, relativa alle liste in coalizione.
Infine, la scheda verde propone di abrogare la possibilità per uno stesso candidato di correre in più circoscrizioni.
Le forze in campo Il Pdl lascia libertà di coscienza, tuttavia gli stessi Berlusconi e Fini assieme a molti esponenti azzurri hanno dichiarato un personale assenso ai quesiti, ma su questo - assicurano - non si fa campagna elettorale. Un «omaggio» alla Lega Nord, che invece chiede ai militanti di ignorare il referendum. Il Pd, tra mille tentennamenti, alla fine si schiera «per il sì, ma la priorità sono i ballottaggi». L’Idv, che raccolse le firme, oggi lotta per il «no» pur sperando che venga raggiunto il quorum. Come loro i radicali. I centristi dell’Udc tifano per l’astensione, il rischio è di vedersi cancellati dalla scena politica.

Un collante tale da compattare per una volta tutta la sinistra radicale (Prc, Pdci, Sinistra e Libertà), la Destra e pure l’Mpa di Raffaele Lombardo. Insomma, un partito trasversale. Lo slogan? «Italiani andate dove vi pare, tranne che a votare».

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