Il peccato del Pd: annunciare l’Apocalisse invano

Contro il processo breve Bersani lancia l’anatema: «Uno scempio, nessuno della maggioranza potrà dire che non c’era». Ma presagire catastrofi porta male: Veltroni perse le elezioni dopo aver profetizzato «la crisi più drammatica dal dopoguerra»

Roma «Guai, guai, guai agli abitanti della terra al suono degli ultimi squilli di tromba che i tre angeli stanno per suonare!». Il giorno del giudizio, come preannunciato dall’Apocalisse di San Giovanni, sembra un’innocente fiaba per bambini se paragonata a quanto nell’ultimo anno e mezzo gli apostoli del Partito democratico hanno profetizzato per l’Italia del governo Berlusconi.
Con una differenza: se per i credenti il mondo è destinato a finire prima o poi, per i seguaci della triade Veltroni-Franceschini-Bersani dovrebbe essere già finito e se non lo è, è colpa del destino cinico e baro. Altrimenti come spiegare le parole pronunciate ieri dal segretario del Pd? «Hanno fatto la cosa peggiore che si potesse fare: distruggere migliaia di processi, lasciare senza giustizia migliaia di vittime per salvare uno solo. Sia chiaro che nessuno della maggioranza, davanti a questo scempio, potrà dire che non c’era», ha dichiarato Bersani presagendo la fine della democrazia con l’approvazione della legge sui tempi certi del processo al Senato e annunciando nuove battaglie alla Camera.
Ecco, il problema è tutto lì. Il Pd si mobilita, sbraita, raccoglie firme, si indigna, ma le tragedie previste non si verificano mai. Torniamo indietro al 29 giugno 2008 quando il «buonista» Veltroni voleva aprire una nuova stagione da leader responsabile dell’opposizione. «L’Italia vive la crisi più drammatica dal dopoguerra in poi. Berlusconi prende in giro i cittadini e si occupa solo dei suoi affari personali. Ora basta, il dialogo è finito!», minacciò con voce stentorea.
Un dramma al quale l’ex sindaco di Roma si aggrappò in tutte le campagne amministrative che ne decretarono il personale fallimento politico. Persino pochi giorni prima delle fatidiche dimissioni nel febbraio dell’anno scorso Veltroni teorizzò che «la crisi è un’emergenza nazionale, il nostro Paese è e sarà in tre anni di recessione». Il 2009 è stato molto critico per l’economia italiana, ma quest’anno, come ha detto lunedì il ministro Tremonti, il Paese tornerà a crescere. Con buona pace dei vari Franceschini («La crisi c’è e il governo non la affronta») e dei vari Bersani, intenti a lambiccarsi il cervello sui motivi che abbiano spinto gli elettori a scegliere un «miliardario che suona il piffero e i poveracci che gli vanno dietro».
Ogni occasione è stata buona per denunciare presunti imbrogli: anche il sisma all’Aquila. «Sembra un terremoto di serie B», disse Bersani a proposito del decreto subito varato dall’esecutivo. «Il governo sta prendendo in giro l’Abruzzo», gli fecero eco i gruppi parlamentari. Tutto questo a maggio. Quattro mesi dopo erano già state inaugurate le prime case ed entro la fine del 2009 tutte le tendopoli sono state smantellate. Ma se c’è un terreno sul quale il Pd ha cercato una sponda in tutti i canali mediatici è stato quello della scarsa credibilità internazionale del governo di Silvio Berlusconi. «Credo che con l’elezione di Obama l’Italia conti meno», si sbilanciò Massimo D’Alema un anno fa. Le politiche sull’immigrazione «stanno producendo l’isolamento internazionale del Paese», osservò Marina Sereni. L’immancabile Pierluigi Bersani rimarcò a margine del G8 dell’Aquila «la poca credibilità del premier come presidente di turno del G8» utilizzando la questione africana come schermo per gli scandali montati da Repubblica. A un anno di distanza si può affermare che il summit abruzzese è andato benissimo, che i rapporti con gli Usa non si sono deteriorati e che, se non ci fosse l’Italia, Obama (il cui appeal oggi è inferiore a quello del Cavaliere) avrebbe un alleato in meno.
E il cerchio si chiude con la giustizia. «Berlusconi vuole ridurre l’autonomia e l’indipendenza della magistratura», si allarmò Anna Finocchiaro nel dicembre 2008.

Già Veltroni andava raccogliendo firme «in difesa della democrazia». Sembra un secolo fa: i magistrati sono ancora autonomi, Veltroni e le vagonate di firme sono finite in uno scantinato e anche l’Apocalisse è in ritardo.

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