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Pedaggio e legalità: Ferrante copia Albertini

Gli agenti da palazzo Diotti vennero trasferiti in questura in ruoli più operativi

Gianandrea Zagato

Promette il ticket d’ingresso in città. Garantisce che il pedaggio per entrare a Milano sarà punto di forza del programma elettorale del centrosinistra. Rivelazione dell’ex prefetto con il cuore a sinistra. Soluzione che Bruno Ferrante definisce «interessante e vincente: grazie al road pricing, a Londra, si è raggiunto l’obiettivo di ridurre il traffico». Effetto desiderato anche per Milano «dove renderemo i mezzi pubblici più efficienti e garantiremo maggior libertà di movimento».
Ma l’ex rappresentante dello Stato che dà l’assalto a Palazzo Marino rivela anche un secondo punto del suo programma: «Legalità e solidarietà contro la solitudine attraverso un maggior presidio del territorio». Certezza «di più agenti» accompagnata dalla garanzia che «chi sbaglia paga» ovvero non sono previste «scorciatoie». Come dire: «Bisogna educare i giovani al rispetto della legalità ma possiamo chiedere un maggior rispetto delle regole solo se siamo una società solidale ossia uniti e con un’identità comune». Ricetta che, sorpresa, è quella del modello Milano. Sì, basta (ri)sfogliare le cronache cittadine per ritrovare - nelle misure antitraffico e nella «tolleranza zero» vendute da Ferrante come fossero sue idee - i punti cardini del modello Milano messo a punto dal sindaco Gabriele Albertini e dal centrodestra. Progetto di un’amministrazione comunale che Ferrante copia pedissequamente, senza però riconoscerne il copyright. Ma, attenzione, il programma che il «compagno» Bruno anticipa dai microfoni di Radio24, l’emittente radiofonica del gruppo del Sole24Ore, non è quello che propone nei salotti milanesi dove lui comunica alla città. Ai giovani che lo incontrano, come ieri sera in casa di Giulia Maria Crespi, Ferrante, racconta un’altra storia: quella di chi per vincere deve rubare voti al centrodestra ma senza però inimicarsi i compagni di Rifondazione. Si sa che giocare in contemporanea su due tavoli non è impresa facile, ma l’ex prefetto, non è un segreto, dicono ci riesca benissimo: «I tranvieri mi abbracciano, i tassisti mi salutano con calore, e chiacchiero con i lavoratori della Scala. Io vorrei la città di tutti, non di pochi: individuare cioè l’interesse pubblico piuttosto che favorire quello privato». Dichiarazione che piace a Rifondazione, ai duri e puri della sinistra spaventati dalla sua agenda politica troppo moderata.
È a loro che Ferrante rivela il terzo punto del suo programma: «Costruire piccoli villaggi in grado di ospitare immigrati. «Bisogna investire in una politica dell’integrazione e dell’accoglienza e in una reale politica della casa che aiuti gli immigrati a trovare una prima sistemazione nella città dove abbiamo centri senza acqua né luce e dove gli immigrati vivono in prefabbricati sporchissimi o in roulotte ormai rovinate». Virgolettato dove Ferrante dimentica di aggiungere che in quei «centri» sono in corso «opere di risanamento strutturale».
Interventi che, evidentemente, sono considerati di troppo dall’ex prefetto.

O che, naturalmente, non può ricordare perché altrimenti sarebbe la conferma piena della validità del modello Milano: quello dove, agli immigrati, sono garantiti diritti ma chiesti anche doveri. Sostantivo elettoralmente di troppo dal candidato del centrosinistra che punta alla poltrona di Albertini ricopiandone il programma.

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