Peggio della politica c’è solo l’antipolitica

Tagli ancora rinviati per gli onorevoli furbetti. Ma se distruggiamo la politica, cosa resta a noi cittadini per contare qualcosa?

Peggio della politica  c’è solo l’antipolitica

Ma se distruggiamo la politica, cosa resta a noi cittadini per contare qualcosa? Chi rappresenterà gli interessi generali e perfino i valori di parte o condivisi? Tira una brutta aria nel nostro Paese, che nasce da cause sacrosante ma rischia di produrre effetti disastrosi. C’è voglia di far fuori la politica intera, stoccata all’ingrosso, da destra a sinistra. C’è disprezzo per la Casta, i privilegi a cui si è avvinghiata, il suo attaccamento alle poltrone, l’incapacità di ridurre costi, numeri, personale. È un disprezzo sacrosanto, ma rischia di sfociare in un rifiuto della politica e della democrazia. E dopo cosa c’è, chi viene dopo i politici? I tecnici, i professori, i colonnelli? E perché dovrebbero essere migliori dei precedenti, più disinteressati e più capaci di capire gli interessi generali e non solo quelli del loro settore di competenza, di provenienza e di dipendenza?

In questo brutto interregno che ci troviamo a vivere, sotto i bombardamenti delle Borse, mi capita a giorni alterni di dover criticare gli abusi, le sordità e le miserie della Casta e poi di dover deprecare la pulsione popolicida dei tecnici. L’uno diventa l’alibi dell’altro. Sappiamo che la politica si è arresa alla banca, la democrazia alla Borsa, e si è fatta commissariare; ma sappiamo pure che i tecnici arrivano dopo il fallimento della politica, a causa della loro pochezza unita a livore. Ed è per questo che ho personalmente accettato, con rabbia e insieme rassegnazione, l’avvento temporaneo dei tecnici, per evitare crolli e assalti all’Italia e per dare il tempo alla politica di rigenerarsi. I tecnici hanno un compito difficile ma solo loro, si diceva, possono farlo: colpire i privilegi, tagliare i costi della politica, assumere provvedimenti impopolari. In realtà, non è così. Con la politica sono impotenti perché i tagli non saranno mai approvati dal Parlamento. Dei poteri economici sono succubi, se non addirittura emanazione e dunque non possono colpire le loro franchigie e i loro privilegi. Dunque, la loro missione è ridotta solo al punto C: picchiare sulla gente. Tanto, come dice Monti, noi non dobbiamo cercare il loro voto.

Ma con la politica si sta facendo una cosa più sporca. Non tagliano nessuno dei costi della Casta; in compenso, lasciandoli appesi ai loro soldi ma senza comando del Paese, tagliano la credibilità e le gambe alla politica. Qualcuno dei politici pensa di sopravvivere sulle spalle dei tecnici. Ma se oggi c’è un rischio di «involuzione» democratica, come si ripete spesso a sproposito, se c’è il rischio di una deriva oligarchica, beh, quel rischio non proviene da destra e nemmeno da sinistra, come non proveniva da Berlusconi. Ma è il rischio della tecnocrazia senza democrazia. I governi commissariati dalle banche, l’alta finanza, i circoli internazionali, le agenzie di rating, la Goldman Sachs: sono loro a decidere e a menare le danze. È un pericolo da non sottovalutare.

Allora io insisto: ricostruiamo la politica, rifondiamola, ripartiamo da lì. Non vogliamo una politica piccina, di piccolo cabotaggio e piccole competenze. Vogliamo una politica grande, lungimirante, in grado di rappresentare gli interessi popolari. Una politica ambiziosa, appassionata, ma non per finta. E allora i tagli che vogliamo con tutto il cuore - dimezzare il numero dei parlamentari e dei consessi regionali, dimezzare insomma i costi della politica locale e nazionale - devono essere fatti sì per dare il buon esempio, e per non far pagare solo i cittadini, e per risparmiare soldi pubblici. Ma devono essere compiuti anche per una ragione essenziale: per salvare la politica, restituirle la sua legittimità, la sua credibilità. Dunque tagli non per rimpicciolire la politica ma per ingrandirla. Perciò io dico, cari lettori e cittadini tutti, di ogni versante politico, che dobbiamo chiedere i tagli non per tagliare la politica ma per farla crescere in altezza anziché in larghezza e obesità.

Non per rimpicciolire la politica ma per ingrandirla. Abbiamo bisogno della politica, e dobbiamo risalire la china da zero, scegliendo tra chi è zero o sottozero e chi ha un barlume di qualità. E passo dopo passo, ricostruire la credibilità di chi guida il Paese. Ai tecnici restituiamo ruoli esecutivi, la direzione del Paese va a chi si occupa di italiani, prima che di contribuenti, perché loro lo hanno eletto.

Quando passerà la burrasca, riprendiamo per esempio a pensare una repubblica presidenziale, ma vera, eletta dal popolo, decisionista e responsabile, senza presidenzialismi occulti. Che la politica torni alla luce del sole; dove le teste di burro, come è noto, si squagliano.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica