Si chiama Pen club ed è, dal 1921, l’associazione di scrittori che più difende i diritti degli scrittori. Tanto che esiste addirittura un Writer in prison committee che ha come scopo specifico quello di monitorare i casi degli autori imprigionati, torturati, uccisi o semplicemente minacciati a causa della loro professione. E a seguito del monitoraggio il comitato pubblica ogni due anni un libro bianco che documenta le violazioni del diritto di libertà di espressione in tutto il mondo. Tutto secondo il motto: «La letteratura, se conosce nazioni, non conosce frontiere e gli scambi letterari devono restare del tutto indipendenti dalle vicende della vita politica dei popoli...».
Solo un breve cappello per far capire che quando un’associazione del genere sceglie a chi dare un premio lo fa seguendo dei criteri precisi. Bene, quest’anno i finalisti della ventunesima edizione del Pen club italiano sono i seguenti: Simonettà Agnello Hornby (narrativa), Giorgio Barberi Squarotti (poesia), Roberto de Mattei (saggistica), Sandro Veronesi (narrativa) e Valentino Zeichen (poesia).
E, a proposito del saggista in finale, il comunicato del premio che annuncia la cinquina aggiunge un’interessante postilla: «Non banale la presenza in cinquina di uno scrittore cattolico, come De Mattei, recentemente censurato per le sue idee e forse ricompensato dal Pen club che sulla libertà degli scrittori fonda la sua ragione di essere».
Sì, perché in Italia può capitare che un ricercatore che, nel suo campo, ha delle competenze acclarate come lo storico Roberto de Mattei (al “Pen” concorre con il suo saggio sul Concilio Vaticano II pubblicato da Lindau) venga messo sotto tiro semplicemente perché è un cattolico conservatore che esprime le sue idee. Tanto per fare qualche esempio: De Mattei che, dal 2008, è vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche con delega per il settore delle scienze umane (aveva già ricoperto lo stesso incarico tra il 2004 e il 2007), nel 2009 ha promosso un convegno internazionale, in occasione del bicentenario della nascita di Darwin, svoltosi presso la sede centrale del Cnr. Gli atti dell’incontro sono stati pubblicati, con contributo finanziario del Cnr, in un libro intitolato Evoluzionismo: il tramonto di una ipotesi. Un normale dibattito scientifico su una teoria, anche se condotto da una posizione che molti scienziati considerano eterodossa. Ma non è dai tempi di Galileo che a far bene alla ricerca sono le posizioni eterodosse?
No, il convegno è stato percepito come un vulnus alla scienza. Contro De Mattei hanno aperto il fuoco tutti i pasdaran del laicismo, tutti quelli che o discendiamo da una scimmia per merito del caos e del caso o meglio la morte. Ci fu una vera e propria crociata per far dimettere lo storico. In prima fila ovviamente Piergiorgio Odifreddi, che il 22 dicembre di quell’anno dalle pagine di Repubblica diede prova del fatto che non c’è bisogno di vestire una tonaca per usare dei toni da inquisizione. Denunciò nel Cnr «un’infiltrazione fondamentalista e antiscientista». Insomma la presenza di un «eretico». Figurarsi poi quello che è successo quando De Mattei, in ambiti non scientifici, ha espresso le sue opinioni personali. Come quando, il 16 marzo 2011, ha tenuto un intervento di carattere teologico-filosofico a Radio Maria sul terremoto in Giappone, sostenendo che le catastrofi naturali possono essere, e talora sono, esigenza della giustizia di Dio. Insomma, esistono idee «intollerabili» che devono essere fatte sparire dallo spazio del pubblico dibattito. Anzi, se si riesce a far sparire dalla piazza anche chi le propugna è meglio. Basta considerare, per rendersene conto, la reazione del solito Odifreddi che ha dato vita ad una petizione per cacciare de Mattei (che a Radio Maria ha parlato in forma assolutamente privata) dal Cnr. Una raccolta firme per non essere più «costretti a sopportare con vergogna un tale vicepresidente al Cnr».
Meno male però che al Pen club c’è ancora chi, invece, distingue i saggi dalle opinioni private, rendendosi anche conto che le opinioni hanno diritto ad essere rispettate. E il dato di fatto è che il saggio di De Mattei, Il Concilio Vaticano II, è documentatissimo e offre delle prospettive nuove per analizzare il Concilio. Certo, si tratta di un libro a tesi: secondo De Mattei, le lobby progressiste influenzarono i conclavi di Giovanni XXIII e di Paolo VI, come pure i lavori del Concilio, finendo per imporre la loro linea a tutta l’assise. Ma l’importanza del lavoro è innegabile.
In fondo, quello che conta davvero è che il Pen Club sia intervenuto per difendere la libertà di parola. In un Paese come il nostro tutto chiacchiere e Costituzione davvero non dovrebbe essercene bisogno. Però, come spiega Lucio Lami, presidente onorario del Pen: «I nostri iscritti votano in segreto e la maggior parte di loro sono ultra laici. Il fatto che un saggio come quello di De Mattei sia entrato in cinquina secondo me è leggibile solo come una presa di posizione dei nostri iscritti contro le censure ideologiche».
Quanto al professore è piacevolmente stupito: «È un riconoscimento inaspettato, un ambito lontano dal mio e dove non ho conoscenze... Mi ripaga dalle critiche avute da Avvenire e L’Osservatore romano.
In questo periodo mi capita di avere appoggio da ambienti laici o liberali; è un certo mondo cattolico, soprattutto progressista, a vivere nella sottomissione psicologica alla cultura ultralaicista. È un po’ paradossale...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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