Dalla pena di morte alla vicina libertà: assolto Tarek Aziz Il numero due di Saddam era accusato di una strage di sciiti. Ma sulla sua testa pendono ancora due processi

Tarek Aziz, un tempo gerarca di Saddam Hussein, è stato assolto dal Tribunale speciale iracheno che giudica i crimini del passato regime. Sulla sua testa pendono ancora due casi, dove rischia la pena di morte, ma la sentenza di ieri è un segnale non indifferente. Il governo iracheno, su pressione della nuova amministrazione Usa, vorrebbe scarcerare Aziz per concludere il processo di riconciliazione nazionale, anche con gli ex di Saddam. Almeno quelli con le mani meno sporche di sangue. L’ex “volto umano” di Saddam è stato riconosciuto non colpevole per l’uccisione di una quarantina di fedeli sciiti.
Il crimine, avvenuto nel 1999, è conosciuto come “i fatti della preghiera del venerdì”. La polizia segreta di Saddam eliminò Muhammad al-Sadiq al-Sadr, uno dei più riveriti leader sciiti, e suo figlio. Il Rais temeva le sue critiche e l’influenza sulle masse. Gli sciiti scesero in piazza dopo la preghiera del venerdì. Quaranta fedeli furono massacrati dagli sgherri di Saddam. I loro corpi vennero ritrovati solo nel 2003 dopo la caduta del regime. Aziz è stato scagionato, ma la corte ha condannato a morte, per la terza volta, Ali Hassan al Majid, il cugino tagliagole di Saddam. Meglio conosciuto come Alì “il chimico”, ha gasato i curdi nel 1980 e sterminato gli sciiti durate la rivolta del 1991. Assieme a lui sono stati condannati alla pena capitale altri tre gerarchi dell’ex regime.
Aziz deve ancora rispondere dell’esecuzione di 42 commercianti e uomini d’affari passati per le armi nel 1992 con l’accusa di aver gonfiato i prezzi. La sentenza è attesa per l’11 marzo. Non solo: in un altro procedimento, assieme a 15 gerarchi del disciolto partito Baath, dovrà rispondere della deportazione e uccisione di sciiti iracheni agli inizi degli anni Ottanta. Nonostante le pesanti accuse, uno dei suoi avvocati, Badi Aref, è convinto che l’assoluzione di ieri sia il primo passo verso il ritorno alla libertà del suo cliente. «Il governo iracheno desidera scarcerare Aziz e tutti gli altri prigionieri politici sotto processo», ha dichiarato il legale. L’obiettivo sarebbe la “riconciliazione nazionale”. La Casa Bianca spinge in tal senso il premier Nouri al Maliki, che avrebbe già cercato di liberare Aziz. Però partiti di rilievo sciiti e curdi, che appoggiano il governo, si oppongono strenuamente al colpo di spugna. Ali Bandi, esponente delle organizzazioni per i diritti dei curdi, ha parlato chiaro: «Condanniamo ogni sforzo o tentativo per la liberazione di qualunque esponente dell'ex regime. Tutti loro sono stati la causa delle tragedie e delle sciagure dell'Irak».


Monsignor Shlemon Warduni, vicario patriarcale di Bagdad, ha accolto invece con favore l’assoluzione di Aziz. «Andiamo verso uno Stato di diritto - ha spiegato - dove si possono giudicare delle persone senza spirito di vendetta. Solo così potremo giungere ad una pace duratura».

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