Politica

Il penalista fedele all’ex pm che sogna la Rai

E per la serie «l’Italia dei favori», va in onda adesso l’ennesima puntata di «aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più» da sistemare. Dice Antonio Di Pietro che dopo la bocciatura di Leoluca Orlando alla Vigilanza Rai, per Idv urge un «risarcimento», con un posto nel Cda di viale Mazzini. E pazienza se le «quote» di minoranza sono già state assegnate, tre al Pd e una all’Udc. Tonino insiste.
I maligni che hanno fatto girare il nome del giornalista amico Marco Travaglio sono stati subito smentiti dai bene informati, che, con Massimo Donadi, hanno indicato se mai «un personaggio poco conosciuto ma di cui Di Pietro si fida ciecamente». Così, ecco (ri)spuntare lui, Sergio Scicchitano. La foto più recente lo immortala davanti alla Cassazione alla consegna delle firme contro il Lodo Alfano: da sinistra Leoluca Orlando, Silvana Mura, Antonio Di Pietro e Sergio Scicchitano, dice la didascalia. E per capire chi sia, Scicchitano Sergio, bisogna partire da qui, dal «clan» di Tonino.
Calabrese di Isca sullo Ionio, 53 anni, docente universitario, avvocato specializzato in diritto societario, fa parte di quella schiera di amministratori pubblici a vita che nella prima Repubblica si chiamavano boiardi di Stato, fu lui, tanto per dire, il liquidatore giudiziale di Federconsorzi, il più grande crac finanziario della storia d’Italia. Soprattutto, però, Scicchitano è uomo di fiducia di Di Pietro, nonché suo legale. Falliti i tentativi di procurargli un posto di senatore prima e di consigliere regionale in Lazio poi, il leader di Idv nel 2005 gli affidò il compito di scegliere i candidati del partito, piazzandolo d’imperio all’Esecutivo regionale.
Il bello è venuto dopo. Per esempio quando, era il luglio 2006, l’allora ministro delle Infrastrutture nominò Scicchitano nel consiglio di amministrazione dell’Anas, società pubblica per la quale proprio Scicchitano, appena un anno prima, aveva curato l’arbitrato in una controversia con lo Stato, compenso del collegio dei tre arbitri nominati: 300mila euro. A nulla valsero le proteste del Codacons, che parlò di «nomine alla Caligola», e dell’alleata Udeur, che presentò una feroce interrogazione denunciando la «mera spartizione partitocratica al fine di ottenere un risultato politico di evidente interesse del ministro proponente». Di Pietro «il proponente» fece di meglio, proponendo di passare proprio all’Anas la società Ponte sullo stretto di Messina, incurante dell’ira, fra gli altri, dei verdi.
Le cronache si occuparono di Scicchitano l’anno scorso, nel caso Vittorio Cecchi Gori cui riferisce l’articolo a fianco. Se poi fai un giro alla società Lazio Service che gestisce personale e servizi della Regione, scopri che lì Scicchitano, nominato presidente da Marrazzo nel 2006, lo chiamano il «divoratore».

Del resto, lui è quello che, delegato dall’allora sindaco di Roma Walter Veltroni a tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti, in piena bufera sulla scarsa copertura Adsl se ne uscì così: «Attenzione alla dipendenza da web, c’è il rischio di tecnoautismo».

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