Penati dà ordini all’ex prefetto: «Bruno, devi fare lo Zapatero»

Gianandrea Zagato

«Avverto voglia di cambiamento. Milano deve scegliere Bruno Ferrante. Ma, attenzione, bisogna saper offrire soluzioni forti, concrete e innovative per il Welfare. Replicare quello che José Luis Rodriguez Zapatero ha saputo mettere in piedi in Spagna». Filippo Penati dà un consiglio all’aspirante sindaco del centrosinistra, con la speranza che l’ex inquilino della Prefettura lo sappia seguire. Strada da imboccare «nel nome e per conto del riformismo» avverte il presidente della Provincia perché «Zapatero è un riformista, un signor riformista».
Affermazione quantomeno sorprendente, presidente.
«Pensare al premier spagnolo come ad una “deriva zapaterista” oppure inneggiarlo per assonanza a quel Zapata della rivoluzione messicana, be’ è quantomeno superficiale. Zapatero offre il nuovo socialismo che è quello dei cittadini. Oggi c’è una domanda di partecipazione che la formula partito sa e non può risolvere. È un tema che resta senza risposta, mentre sono evidenti i segni del ritardo della socialdemocrazia: dal linguaggio politico anchilosato all’autoreferenzialità degli apparati di partito e al disagio profondo di fronte ai grandi mutamenti sociali indotti dalla globalizzazione. Zapatero indica soluzioni per il “quarto pilastro dello stato sociale” ovvero rilancia il concetto di welfare con innovazioni...».
...e questo percorso lo suggerisce anche a Ferrante?
«È la strada che nei prossimi mesi seguirà l’amministrazione provinciale da me guidata e che spero l’ex prefetto voglia seguire».
Abbandoni le dichiarazioni di principio, Penati, e si sporchi le mani.
«Volentieri. Al welfare tradizionale - quello che ha tre pilastri (scuola, sanità e pensione sociale) - s’affianca un quarto, che è il piano di attenzione per chi si occupa delle persone dipendenti cioè di disabilità e di vittime di incidenti. Sto parlando delle famiglie che restano da sole, che affrontano “il loro problema” in solitudine. Ecco, la Provincia di Milano è pronta a scendere in campo e giocare questa partita con le famiglie. Progetto che anticipo per la prima volta ma che segna il lavoro sociale di Palazzo Isimbardi da qui alla scadenza del mandato, con in aggiunta un piano per la velocizzazione dello sportello unico e l’istituzione della città metropolitana condiviso da Romano Prodi perché struttura leggera che non cancella le identità comunali».
Impegni per due anni di governo con un rimpasto in arrivo.
«Rimpasto? È un termine che non mi piace. Ci sono due ex assessori che lasciano la Provincia perché chiamati nel governo Prodi e che sostituiremo. Ci sono deleghe che vanno meglio delimitate, definite all’interno della giunta ma, ricordo, che sulle deleghe decido io e non c’è fretta».
Potrebbe dunque arrivare un sedicesimo assessore?
«No. C’è solo bisogno di ripartire meglio le deleghe, anzitutto le mie. Credo, a proposito, che terrò solo quella dei “diritti dei bambini e delle bambine”. Ma lo ripeto non c’è un rimpasto dietro l’angolo: sa, “rimpasto” significa che qualcosa non funziona e, garantisco, al civico 1 di via Vivaio non ci sono problemi di funzionamento».
Valutazione soggettiva, pensiamo all’affaire Serravalle.


«Penso che le risorse sprecate per fare il Ponte sullo Stretto possano contribuire fattivamente a quelle infrastrutture fondamentali come il “corridoio 5”, che non è solo presenza degli enti territoriali ma anche moltiplicatore degli interessi finanziari».

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