Unoperazione da oltre trenta milioni di euro, voluta da Filippo Penati, messa in atto dal suo fedelissimo Massimo Di Marco, e ratificata da Renato Sarno, larchitetto che la Procura di Monza considera senza tanti giri di parole l«esattore delle tangenti» di Penati. É questa la nuova frontiera dellinchiesta sulle «tangenti rosse», partita da Sesto San Giovani e ormai decollata verso i piani alti del Partito Democratico. Nel mirino dei pm finisce lacquisizione da parte di Milano Serravalle della sua nuova sede, a Milanofiori. Formalmente fu una gara pubblica. Ma secondo gli inquirenti, i vincitori erano stati scelti e informati in anticipo: il gruppo Cabassi. A ricevere la «dritta» decisiva dai Penati boys fu un personaggio abituato a calcare la ribalta della finanza italiana: Paolo Colombo, docente universitario, presidente dellEnel e di una sfilza di altre società. Tra cui la Sintesi, una delle società operative dei Cabassi. Colombo finisce sotto inchiesta per corruzione. E insieme a lui finisce nel registro degli indagati, con la stessa imputazione, Matteo Cabassi.
Ma come andò, la faccenda? Come accadde che per sbarcare quaggiù, tra le nebbie e le zanzare de Naviglio, «strada 3 palazzo B/4», in questo labirinto di cubi tutti uguali che è Milanofiori, si siano messi daccordo gli uomini delle tangenti rosse e gli eredi del vecchio Pino Cabassi, il sabiunatt che rastrellava aree e affari nella Milano degli anni Sessanta? Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, e i rampolli Cabassi hanno abbandonato la saggia equidistanza politica del fondatore per fare sapere al mondo che il loro cuore batte a sinistra: basta rileggere le interviste con cui spiegavano di avere dovuto malvolenietri abbandonare il progetto di rifilare al Comune la loro area di via Watteau occupata dal Leoncavallo a causa della cecità delle giunte di centrodestra, mentre «per guidare una grande città occorrono persone con un' apertura culturale in grado di accogliere la complessità di una città contemporanea».
Insomma, che il nome dei Cabassi ora rispunti accanto a quello di Penati non ha stupito più di tanto. E ancora meno ha stupito chi tra il 2008 e il 2009 seguì loperazione destinata a traslocare Milano Serravale nella nuova sede: operazione resa necessaria (anche se forse sarebbe bastata una sede meno faraonica) dallaumento del personale coinciso con la presidenza di Penati in Provincia. La legge imponeva la gara. Una fax provvidenziale inviato da Di Marco a Colombo preavvisò il manager dei Cabassi che di lì a poco sul Sole 24 Ore sarebbe stato pubblicato lannuncio. É in quel momento, secondo la Procura, che scatta la combine.
Il 29 settembre 2009, Brioschi Sviluppo Immobiliare - altra società del gruppo Cabassi - può annunciare di avere venduto a Ubi Leasing «un complesso immobiliare sito in Assago avente una superficie lorda di pavimento circa 8mila metri quadri per un corrispettivo di euro 31.600.000, oltre Iva», aggiungendo che Ubi girerà poi in leasing gli uffici a Milano Serravalle. Quattromila euro al metro quadro, per degli uffici tra Assago e Rozzano, sono un affarone: per i Cabassi, e infatti finisce subito nel bilancio consolidato di Brioschi, indicato tra le non mole poste attive dell'operazione Milanofiori.
A due anni di distanza, lindagine della Procura monzese getta una luce diversa su tutta la vicenda. Anche perché a scegliere alla fine gli uffici di proprietà dei Cabassi fu una commissione presieduta da Renato Sarno, larchitetto che secondo la Procura monzese rastrellava quattrini per conto di Filippo Penati. Uno dei sistemi per schermare le tangenti erano, secondo i pm, i contratti di consulenza intestati a Sarno.
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