Batte tutti sul tempo e brucia la domanda. «Sì, abbiamo perso». Filippo Penati fatica a nascondere il nervosismo, entra nel quartier generale del Pd di via Pergolesi 15 con passo deciso. «La vittoria del centrodestra non è in discussione, già nel pomeriggio ho telefonato a Formigoni per fargli le congratulazioni». Difficile avere dubbi davanti a percentuali così: 33,3% per Filippo Penati contro il 56,13% del presidente delle regione uscente Roberto Formigoni. Quasi 24 punti di differenza non sono pochi, soprattutto se si confrontano con i 10 punti di distacco delle regionali del 2005, quando il candidato del centrosinistra Riccardo Sarfatti aveva perso con il 43,2% contro il 53,8% del centrodestra guidato da Formigoni.
Nonostante abbia appena incassato la seconda sconfitta in meno di dodici mesi - alla Provinciali del 2009 ha perso 49,79% a 50,21% di Podestà - Penati si ostina a non voler perdere lottimismo e a leggere il bicchiere mezzo pieno. «La coalizione è comunque cresciuta rispetto alle Europee e anche su Milano e Provincia il distacco è solo di qualche punto (8%) e è addirittura di 5% in alcune zone della città: la tendenza rispetto alle Europee comunque è cambiata. Ecco che si apre la partita su Milano, ma anche in provincia il dato è attorno al 50%, siamo in una situazione di crescita».
Un discorso che sembra preludere a una sua candidatura a sindaco di Milano, nel 2011: «In città dopo 15 anni di governo delle destre la maggioranza dei milanesi boccia la Moratti, la candidatura forte come quella di Roberto Formigoni non supera il 50%. Temo che la Lombardia diventi un campo di battaglia interna al centrodestra. Cè un altro dato da considerare: a Milano la Lega non ha sfondato». Penati smentisce la sua intenzione di candidarsi a sindaco e sceglie di non rispondere al leader del Carroccio Bossi, che, contemporaneamente, si è candidato: «Io non sono candidato e nemmeno nella rosa dei nomi».
Pervaso dallottimismo, lex sindaco di Sesto, la Stalingrado dItalia - dove ha segnato 6 punti sul rivale del centrodestra - legge il voto dellastensionismo in chiave meneghina (e a suo favore): «Il calo del 7% alle urne è un dato che deve preoccupare tutti. Però è sintomatico che io vado meglio nella città di Milano dove è stato minore il calo dei voti».
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