«Per la penisola il turismo è un’occasione mancata»

«L’offerta non è chiara ed efficace: prendiamo il buon esempio dalla Spagna»

da Milano

Se già oggi il turismo è il secondo settore del Pil italiano, il suo contributo all’economia potrebbe essere molto più marcato: i 160 miliardi di monte ricavi del 2006 potrebbero crescere a un ritmo superiore a quello delle proiezioni per i prossimi anni (2,6% all’anno da qui al 2020) se solo il comparto riuscisse a superare alcune delle sue debolezze croniche che penalizzano l’Italia a favore di altri Paesi.
Vincenzo Gringoli e Diego Petruccelli hanno redatto, per Bain & Company, un dettagliato rapporto sul turismo in Italia; vi si registra, in positivo, che l’afflusso di turisti nel nostro Paese ha ricominciato a crescere, dopo la flessione del 2002-2003, ma si sottolinea pure che l’offerta non è al passo con le esigenze crescenti della clientela. «Il turismo oggi è un’occasione mancata per lo sviluppo economico dell’Italia - sostiene Gringoli -. Se riuscissimo a realizzare una serie di azioni di rilancio, noi stimiamo che queste potrebbero generare un’extracrescita dello 0,5% all’anno».
Le cose che non vanno possono essere sintetizzate così: c’è carenza nell’offerta del prodotto. Proprio l’Italia che possiede «materie prime» d’eccellenza - natura, clima, arte, cibo - «non sa venderle, presentando proposte scoordinate e poco chiare». L’esempio da imitare è la Spagna: «Nel 1995 riceveva 108 milioni di turisti; in soli cinque anni, nel 2000, ha più che raddoppiato, salendo a 234 milioni». Com’è stato possibile? «Soprattutto grazie a interventi intelligenti: il rapporto tra investimenti e sviluppo, nel turismo - sottolinea Gringoli - è più favorevole e più rapido rispetto a tutti gli altri settori».
Emblematico è il caso del turismo legato al golf. All’estero hanno saputo valorizzarlo integrandolo ad altri prodotti, quali il mare e i resort. Il Portogallo ha utilizzato il golf come forte catalizzatore nell’Algarve: «Il territorio è stato riconvertito, è nato un distretto golfistico con una sessantina di campi nell’arco di 40 chilometri di costa; la ricettività è stata differenziata verso l’alto, con alberghi di lusso. Un’offerta indirizzata soprattutto agli inglesi, che oggi sono i clienti più assidui». Il tutto - sottolinea l’analista di Bain - con una stagionalità più lunga che in Italia: proprio questo è uno dei nostri punti dolenti, nonostante il clima nel Mezzogiorno sia paragonabile a quello di Spagna o Portogallo. «La battaglia sulla stagionalità è stata vinta con la leva del prezzo: in bassa stagione a Ibiza lo sconto è del 70%, quando in Italia raggiunge al massimo il 30%».
«In Italia ci sono oltre 300 campi da golf, anche molto belli, ma sono soprattutto al Nord, con un’offerta dispersa e non organizzata in pacchetti turistici.

In Italia i golfisti sono 100mila contro i 2,7 milioni della Gran Bretagna, i 700mila della Germania e i 600mila della Francia. Valorizzando l’offerta, soprattutto al Sud - conclude Gringoli - l’Italia potrebbe tranquillamente raggiungere il numero dei golfisti spagnoli, 1,3 milioni».

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