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Il pensionato gay ucciso a Ostia: gli assassini traditi dal cellulare

Stefano Vladovich

Una latitanza durata meno di una settimana. Arrestati i presunti assassini del pensionato gay. Avrebbero lasciato il Paese con una delle corriere che riportano a casa gli immigrati romeni se non fosse stato per il telefono cellulare sottratto alla vittima. Grazie a quel segnale i carabinieri di Ostia non li hanno persi di «vista» un solo giorno, dal lunedì in cui Mario Carpineti, 72 anni, è stato trovato cadavere, massacrato di botte e poi soffocato, nella stanza 210 dell’ex Hotel Lido, sul lungomare Paolo Toscanelli. E dalle frequenze emesse dal telefonino i militari di via dei Fabbri Navali sono giunti prima in un paesino della Calabria, poi in Toscana, infine in casa di un connazionale di 25 anni (arrestato per favoreggiamento) nella borgata Finocchio, al Casilino, dove Adelin Trestaru, 23 anni, e Cristian Hanibach, 31 anni, hanno trovato rifugio per una notte. L’ultima da uomini liberi. Domenica sera i due si sono fermati in via di Malagrotta, a Ponte Galeria, in attesa del bus per la stazione Tiburtina dove sarebbero saliti su un mezzo diretto a Dimisoara. «A zonzo» per l’Italia con i carabinieri alle calcagna, dunque, per trovare nuove identità e organizzare al meglio la loro fuga. Ma di errori ne hanno commessi troppi i due «ragazzi di vita» rimorchiati alla stazione Termini la sera del 28 maggio. A cominciare dai documenti lasciati alla reception dell’Hotel Ping Pong, due passaporti tutt’altro che falsi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, dopo aver parcheggiato la sua Fiat 600 nel vialetto che separa le due strutture alberghiere ora accoprpate, Carpineti entra nella hall assieme ad Adelin, il più giovane. Qualche minuto per trascrivere i loro dati e la coppia sale al secondo piano. Li raggiungerà in stanza un altro romeno, anche lui registrato dal portiere del turno serale. I due, nel frattempo, accendono la televisione e si sdraiano sul letto. Quello che succede nelle ore successive lo potranno raccontare solo ai magistrati, visto che durante l’interrogatorio in caserma non hanno aperto bocca. Di fatto tra le 23 e le 3 della notte (l’arco di tempo in cui l’uomo è stato ucciso) i due lasciano l’albergo senza essere visti, probabilmente da un’uscita posteriore che immette su via dei Fabbri Navali, parallela al lungomare. A scoprire l’omicidio, l’indomani, la donna delle pulizie. Carpineti è seminudo sul letto, la testa coperta dal cuscino. Schizzi di sangue ovunque: sulle pareti, sui comodini, a terra. Il portafogli vuoto, niente orologio, cellulare e altri effetti personali. Il movente sembra chiaro agli uomini del comandante Saverio Spoto e ai colleghi del nucleo operativo di via Zambrini: un delitto a scopo di rapina, preterintenzionale.

Insomma una discussione finita male: per sottrargli il denaro i due avrebbero colpito il pensionato alla testa riducendolo in fin di vita, poi soffocandolo fino alla morte. Risolto il caso, pronta la reazione del circolo Mario Mieli: «Un grazie alle forze dell’ordine. Siamo pronti a collaborare per circoscrivere gli epidosi di violenza ai danni di omosessuali».

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