Roma - Tutto rinviato ai prossimi giorni, nella migliore delle ipotesi. Sindacati e governo non hanno trovato quel punto di incontro sulle pensioni che martedì il premier Romano Prodi e il ministro Tommaso Padoa-Schioppa consideravano a portata di mano. Oggi si terrà una riunione del tavolo allargato, ma si parlerà solo delle proposte che avevano, di fatto, già passato l'esame dei sindacati e della maggioranza, cioè il pacchetto Damiano su pensioni minime, ammortizzatori sociali e competitività, che sarà finanziato con il tesoretto. Il capitolo più importate, quello sul superamento dello scalone previsto dalla riforma Maroni (età pensionabile da 57 a 60 anni con 35 di contributi a partire dal 2008), è stato stralciato e sarà affrontato più avanti. Dopo l'approvazione del Documento di programmazione economica e finanziaria, che è in agenda per il Consiglio dei ministri di oggi, ma che potrebbe anch'esso slittare per i dissidi all'interno dell'esecutivo.
La soluzione è rimandata a quando il governo sarà in grado di confrontarsi con Cgil, Cisl e Uil sulla base di una proposta che sia condivisa da tutta la maggioranza. Perché, se ufficialmente il tavolo è saltato sulle compatibilità finanziarie e perché le posizioni erano ancora distanti, il nodo principale è politico e consiste nella «concorrenza» che la sinistra radicale continua a fare ai sindacati, proponendo soluzioni più favorevoli ai pensionandi rispetto alle varie ipotesi di accordo. Un problema al quale i sindacati hanno fatto esplicitamente cenno ieri, mentre si attivava la diplomazia dei momenti difficili, fatta di contatti telefonici, incontri, segreterie delle confederazioni e vertici tra ministri. È stata in particolare la Cgil a mostrarsi irritata. La confederazione guidata da Guglielmo Epifani ha posto come condizione per la ripresa del dialogo la presentazione da parte del governo di «una nuova proposta sulla previdenza che impegni l'intera maggioranza». Richiesta analoga è arrivata dal leader della Cisl, Raffaele Bonanni. Ma il governo non è stato in grado di garantire l'appoggio della maggioranza e, al termine degli incontri che Prodi ha avuto con i segretari della sinistra radicale, è cominciata a maturare l'idea del rinvio, che è stata ufficializzata in tarda serata.
La proposta che la Cgil e anche gli altri sindacati avrebbe voluto superare era quella presentata martedì notte e che ha provocato la prima grave interruzione del tavolo: età pensionabile dal 2008 da 60 a 58 anni, con aumenti di un anno ogni 18 mesi fino alla soglia di 62. È, in sostanza, la riproposizione degli scalini alla Padoa-Schioppa ha aggiunto la necessità di garantire gli stessi risparmi della riforma Maroni. Abbastanza per far alzare Epifani, Bonanni e Luiti Angeletti dal tavolo. A dare esplicitamente la colpa al ministro dell'Economia è stata la Uil che ha parlato di un incomprensibile «irrigidimento» del governo. E la posizione stessa del sindacato non si è spostata da quella di partenza: lo scalone si può superare solo con degli incentivi. E per il sì della Uil serve anche la detassazione degli aumenti contrattuali. Una situazione complicata. Il rischio, ha rilevato il segretario generale dell'Ugl Renata Polverini è che si compromettano «mesi di lavoro».
Più positiva la segreteria della Cisl, che teme di dover rinunciare alle altre proposte del governo e si appella al governo affinché si trovi una soluzione «equa e condivisa». Però rimane difficile capire se e su quale proposta verrà trovata. Tra le ipotesi concrete ieri era tramontata quella delle quote (cioè la somma di età anagrafica e contributiva) che avrebbero dovuto dare il limite del ritiro dal lavoro. Fino a ieri notte l'ipotesi più accreditata era quella di un mix tra scalini e incentivi.
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