RomaÈ un po’ come la lettera rubata di Edgar Allan Poe. Nessuno la vede perché è in bella vista sopra il tavolo, esattamente dove doveva stare. La misura sulla rivalutazione delle pensioni è nella manovra, un articolo del capitolo che riguarda la previdenza. Ieri il caso è esploso quando il sito di economisti Lavoce.info, ne ha parlato avanzando una proposta alternativa (indicizzare le pensioni sopra i mille euro alla crescita e non all’inflazione come avviene adesso). Alcuni quotidiani hanno approfondito, puntando sul fatto che è prevista, oltre allo stop della rivalutazione per le pensioni oltre i 2.380 euro, anche una riduzione della rivalutazione oltre i 1.400. Ed è scoppiato il caso.
In sintesi, la norma prevede che la fascia di reddito pari a cinque volte il minimo, cioè 2.380 euro al mese (il minimo della pensione Inps 2011 è di 476 euro al mese) non sia rivalutata, mentre lo scaglione più basso, compreso tra 1.428 e 2.380 euro mensili, sia rivalutato del 45%. Rivalutazione piena, al 100 per cento, per le pensioni (o lo scaglione) sotto la soglia dei 1.400 euro.
Meccanismo complesso che le opposizioni hanno semplificato. Nichi Vendola ha parlato di una «patrimoniale sui poveri», mentre Italia dei Valori ha denunciato il «blocco delle pensioni» per 13 milioni di italiani.
È dovuta intervenire l’Inps con un comunicato, nel quale si spiega che, nel complesso, la misura riguarda 4,4 milioni di pensionati. E nessuno di questi, nemmeno i più ricchi, avrà una rivalutazione pari a zero.
In altre parole nessun assegno sarà tagliato. Aumenteranno tutti. Anche quelle alte saranno rivalutate totalmente per i primi 1.428 euro e in misura ridotta per la parte di assegno oltre questa soglia e fino a 2.380 euro. Mentre la parte dell’assegno mensile che supera questa soglia, per due anni, non sarà rivalutata.
Per il pensionato fino a 1.400 euro non cambierà niente. Quelli tra 1.400 e 2.380, in media, potranno rimetterci una cifra vicina circa 5 euro al mese. Quelli sopra, qualcosa di più, ma si parla di pensioni che sono più alte di tanti stipendi. E, soprattutto, di tagli sul tendenziale. Quindi, le pensioni continueranno ad aumentare. Tutte, anche quelle d’oro.
Ma la valenza è simbolica, come sempre accade quando in Italia si toccano le pensioni. Si sono schierati contro anche i sindacati. La Cgil ha annunciato una mobilitazione. Contraria anche la Cisl, il cui segretario generale Raffaele Bonanni ha auspicato una correzione al decreto in Parlamento. «La misura nel complesso dovrebbe portare risparmi fino a 400 milioni all’anno, quindi si potrebbe recuperare riducendo ulteriormente gli sprechi», ha spiegato il segretario confederale della Cisl Maurizio Petriccioli.
Controcorrente un esponente del Pd, Mario Adinolfi, che ha parlato di un atto di «equità generazionale», visto che lo stipendio medio dei giovani che entrano nel mondo del lavoro è sotto i 1.500 euro.
La misura faceva parte del menu che la Ragioneria dello Stato aveva proposto fin dall’inizio, ma sembrava tramontata alla vigilia del varo. Poi è rispuntata nella versione definitiva del decreto correggi conti. Destino - forse non a caso - opposto rispetto ad un’altra misura che riguarda la previdenza: l’aumento al 33% dei contributi previdenziali che pagano i lavoratori atipici, i collaboratori. Era data per sicura all’inizio. Aveva avuto il via libera delle parti sociali, ma alla fine è uscita dalla manovra. Ufficialmente serviva a fare crescere la pensioni delle nuove generazioni, ma avrebbe finito per impoverire gli stipendi dei neo occupati e di fare aumentare il costo del lavoro. Se fosse passata avrebbe sollevato molte meno polemiche del ritocco alle rivalutazioni.
Per quanto riguarda la manovra in generale, ieri è arrivata la bocciatura di Italia Futura. Secondo il think tank di Luca Cordero di Montezemolo, la manovra «è quella che è. Il minimo sindacale, con alcune ridicole prese in giro sui costi della politica».
La Lega ha chiesto un altro giro di vite sui costi della politica. «C’è stato un taglio pesantissimo.
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