da Roma
«Quella di oggi è una fiducia condizionata». Lavvertimento di Rifondazione a Romano Prodi arriva per bocca del segretario Franco Giordano a metà pomeriggio. Una fiducia che dura «fino a domani, e intendo proprio domani», precisa Maurizio Zipponi, luomo che per il Prc sta trattando sullo scalone.
Nellaula di Montecitorio si vota la fiducia sul decreto sul «tesoretto», ma è quanto sta accadendo a Palazzo Chigi a monopolizzare lattenzione di tutti: la trattativa sulle pensioni è allultimo giro di boa, entro la notte si deve chiudere, ma il braccio di ferro tra le due anime dellUnione è ancora in pieno svolgimento. Rifondazione dunque alza il tiro e minaccia di far saltare il governo se verrà «tradito il programma» del centrosinistra.
A quellora, le notizie che arrivano sono tutte negative dal punto di vista della sinistra massimalista: il segnale che Prodi ha voluto dare, convocando a pranzo i due vicepremier dellUlivo, Massimo DAlema e Francesco Rutelli, è chiaro e poco digeribile. Laccordo sulle pensioni il premier lo sta siglando con lala riformista della coalizione, e sulla base di quella proposta «condizionata dalla destra dellUnione» chiederà a Rifondazione di starci. O di assumersi la responsabilità di rovesciare il tavolo. «Da giorni ormai il ritornello di Prodi è lo stesso: non mi farò mai aprire la crisi da Dini e dalla Bonino, quindi il cerino lo avete in mano voi», spiegano gli uomini di Giordano.
Dallincontro con Prodi, i due vicepremier dicono di essere usciti soddisfatti: «Laccordo si è trovato, si addolcisce lo scalone ma si innalza progressivamente letà. Non è pensabile fare diversamente, non possiamo andare nella direzione opposta a tutto il resto dEuropa», spiegano i rutelliani. «Ora però bisogna vedere se la sinistra ci sta, e se Prodi regge fino alla fine».
Anche dal lato sindacale le cattive notizie per la sinistra vengono confermate: la Cgil, in contatto permanente con Zipponi, ha fatto sapere che le ipotesi messe sul tavolo ieri mattina dal governo sono state giudicate «inaccettabili» dai sindacalisti, e la trattativa è allo stallo. «Di fronte a questi segnali negativi, non potevamo che inasprire la linea», spiega il capogruppo Prc Gennaro Migliore. «O si fa un accordo ragionevole o casca il governo», ripete Zipponi. Poco dopo lultimatum di Giordano, la schiarita: «La trattativa sta ripartendo, il governo sarebbe disponibile a fare un passo indietro sulla quota 96», confida il segretario ai suoi. E «quota 96» è la linea del Piave su cui Rifondazione non intende cedere e sulla quale spera che tenga fino allultimo anche la Cgil: «Noi siamo contrari, e mi sembra lo siano anche i sindacati», ribadisce il segretario. Ma lottimismo dura poco, perché dal ministero dellEconomia si fa sapere che per un arretramento dalla quota non ci sono le coperture economiche, a meno di non trovarle allinterno del sistema previdenziale, innalzando ad esempio letà di vecchiaia per le donne. Boccone che per la Cgil sarebbe ancora più indigeribile, e che farebbe insorgere mezza Unione.
A sera, il ministro Prc Paolo Ferrero esce con la faccia scura dallincontro con Prodi e Padoa-Schioppa. «È andata male», fa sapere ai suoi. Poi arriva la notizia che i sindacati sono stati convocati dal premier per le 22, e per Rifondazione inizia una lunga veglia angosciosa: «La nostra posizione è chiara: o la proposta del governo è in sintonia con il programma dellUnione e con il consenso delle organizzazioni sindacali, oppure si rischia», dice Giordano. La paura di Rifondazione è che nella lunga notte la Cgil ceda e faccia cadere il tabù «96». Lasciando solo, con il cerino in mano, il partito di Fausto Bertinotti. Un cerino che il Prc non vuole usare, ma che potrebbe infiammarsi comunque: «Se dalla vicenda scalone non usciamo con un punto a nostro favore, non terremo più la nostra base parlamentare. Magari, e non è detto, il Dpef passa con la fiducia.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.