Roma - La sostituzione dello scalone della riforma Maroni con gli scalini che renderanno più graduale l’innalzamento dell’età pensionabile rispetto al salto da 57 a 60 che, a normativa vigente, scatterebbe a partire dal 2008. Ci sarà la revisione dei coefficienti di trasformazione anche se secondo modalità e tempi tutti da decidere. E tutto fa pensare ad un rinvio a tempi migliori di questo capitolo, che è il più spinoso del confronto governo-parti sociali. Il presidente del Consiglio Romano Prodi ha deciso di aprire la concertazione entrando nel merito dei problemi, ma senza fornire ai rappresentanti dei lavoratori e delle imprese che ieri lo hanno ascoltato a Palazzo Chigi l’informazione più attesa, quella sull’entità del «tesoretto», cioè delle risorse disponibili.
Il premier ha dato un’indicazione di massima sul «limitato ambito di azione». La base restano i 2,5 miliardi di euro confermati dal ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa. Pochi per finanziare le misure annunciate, in particolare quelle sulla previdenza. La differenza, si è limitato a spiegare, sarà parzialmente coperta con «il processo di unificazione degli enti previdenziali».
Nel merito il governo ha preso impegni importanti. Ci sarà - ha annunciato Prodi - una «manutenzione» del sistema previdenziale, non per far cassa, ma per «assicurare l’equilibrio finanziario nel medio e lungo termine». Saranno eliminate «le rigidità introdotte dal precedente governo». Via, quindi lo scalone. L’innalzamento graduale ci sarà. Perché «non è pensabile che il nostro Paese si sottragga» ad una tendenza europea. Ma saranno fatti salvi i diritti acquisiti e ai cittadini sarà data «una maggiore libertà». Via libera, quindi, alla volontarietà chiesta dai sindacati, così come a misure per ridurre la precarietà (che non erano materia trattata nel documento unitario dei sindacati), all’innalzamento delle pensioni minime, ai nuovi ammortizzatori sociali e ai contributi figurativi.
Unica nota stonata, quella sui coefficienti sulla base dei quali vengono calcolate le pensioni previsti dalla riforma Dini. La loro «periodica revisione», ha sottolineato il premier, serve a «garantire la sostenibilità economico-finanziaria» del sistema.
Su questo, hanno spiegato al termine dell’incontro i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil, le distanze rimangono. È un «problema serio», ha assicurato il leader della Cgil Guglielmo Epifani, che ieri ha usato i toni più duri. Luigi Angeletti, segretario generale della Uil ha ribadito che il sistema previdenziale italiano è già in equilibrio mentre Raffaele Bonanni della Cisl ha visto nelle parole di Prodi «una posizione più morbida», anche sui coefficienti.
Come verranno tradotte concretamente le aperture del governo sarà deciso ai tavoli. Possibile che la decisione di tagliare i coefficienti venga rinviata in cambio dell’assicurazione di revisioni più frequenti rispetto agli attuali dieci anni. L’attenuazione dello scalone, potrebbe limitarsi ai 59 anni con 35 di contributi nel 2008 al posto dei 60 della Maroni. In ogni caso, ha attaccato Maurizio Sacconi, senatore di Forza Italia che da sottosegretario seguì la riforma del governo Berlusconi, la ricetta di Prodi farà «riaprire la voragine della spesa previdenziale» e, allo stesso tempo comporterà una riduzione delle pensioni.
Nel calderone della nuova concertazione è finita anche la riforma della contrattazione. Il governo è disponibile a incentivare il livello aziendale, ma Confindustria ha piazzato paletti precisi. Il secondo livello «non si deve sommare al contratto nazionale», ha precisato il presidente Luca Cordero Di Montezemolo. Di parere opposto i sindacati.
I tavoli partiranno mercoledì e giovedì. Il primo sarà quello sulla pubblica amministrazione.
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