Roma - Arriva lo "scalone" unico per le lavoratrici del pubblico impiego che, a partire dal 2012, andranno in pensione di vecchiaia a 65 anni. E per tutti scatta l’adeguamento dei requisiti di pensionamento all’aspettativa di vita media: l’avvio del meccanismo ci sarà a decorrere dal primo gennaio 2015, e il requisito anagrafico verrà aggiornato con un decreto, su base Istat, ogni tre anni a partire dal 2019.
La commissione Bilancio ha approvato l’emendamento del relatore alla manovra, Antonio Azzollini, sulle pensioni e ha dato il via libera a una nuova modifica contenuta in un subemendamento Pdl sui tempi della aggiornamento alla vita media. Nel testo approvato dalla commissione, è confermata la retromarcia del governo sull’abolizione dei 40 anni di contributi per poter lasciare il lavoro. L’abolizione del requisito contributivo era contenuta nella prima versione della proposta di Azzollini, poi disconosciuta dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi e quindi, bollato come un "refuso", spariva dal testo lo stop ai 40 anni di contributi per andare in pensione.
Inoltre, sull’aggiornamento del pensionamento di vecchiaia alla vita media, la versione del relatore stringeva i tempi e fissava la seconda revisione nel 2016, per poi passare a un sistema di aggiornamento triennale. Mentre il subemendamento di Maria Ida Germontani (Pdl) approvato dalla commissione sposta dopo 4 anni, al 2019, la seconda revisione, e da quell’anno in poi scatta il meccanismo della triennalità. Tornando alle lavoratrici statali, si prevede che a decorrere dal primo gennaio 2010 viene incrementato di un solo anno, cioè da 60 anni a 61 anni, il requisito per la pensione di vecchiaia; mentre dal primo gennaio 2012 si passa di colpo a 65 anni con un ulteriore incremento di 4 anni.
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