Da Penske a Tengzhong nuovi «sfidanti» in scena

«La disponibilità di Fiat a entrare in un discorso intelligente, industriale e logico per Opel rimane. Siamo convinti che, di tutte le proposte che hanno ricevuto, la nostra sia l’unica che aveva quegli elementi. Se il governo tedesco è disposto ad ascoltarla di nuovo siamo disposti a riaprirla, ma l’inquadratura non cambia». Ventiquattro ore dopo aver rimesso piede in Italia, reduce dal tour de force Usa su Chrysler, Sergio Marchionne fa il punto della situazione e conferma di essere in attesa di segnali concreti da Berlino. Per l’amministratore delegato di Fiat ci sarebbe, dunque, una possibilità per riprendere dal cassetto il dossier Opel e, con l’ausilio del super consulente Roland Berger, nei prossimi giorni metterà a punto un nuovo piano d’attacco.
Del resto anche Carl-Peter Forster, numero uno di Gm Europa e candidato a prendere le redini della nuova Opel sotto l’egida di Magna e del colosso russo Gaz, ha ammesso che «resta tanto lavoro da fare e potrebbe succedere ancora molto». Lo stesso Forster conta, comunque, che «Gm e Magna arrivino a un accordo definitivo entro luglio, mentre la transazione dovrebbe essere finalizzata entro settembre», con la benedizione del nuovo governo tedesco («le scelte razionali e industriali non si possono fare in campagna elettorale», ha ironizzato Marchionne).
Anche ieri, in proposito, il portavoce della Cancelleria di Berlino ha ribadito che le porte sono ancora aperte a tutti i potenziali investitori per un eventuale ingresso in Opel, anche se Magna ha un «chiaro vantaggio» nella corsa all’acquisizione della controllata di General Motors. Thomas Steg, non ha escluso che questi potenziali partner migliorino le proprie offerte.
Tra i possibili ostacoli che potrebbero favorire Fiat ci sarebbe una presunta richiesta a Opel, da parte di Gm, di 7 miliardi nei prossimi 10 anni a fronte di royalty sui brevetti e altre tasse sulle licenze. Le sole royalty dovrebbero costare 6,5 miliardi. Sul tavolo della discussione, inoltre, c’è anche la questione pensionistica che comporterebbe oneri per 4,5 miliardi, rimasta aperta nella lettera d’intenti firmata la scorsa settimana tra Gm e Magna. Berlino ha confermato che il capitolo pensioni fa parte delle trattative, aggiungendo anche che il governo ha già comunicato che lo Stato non può accollarsi questi oneri.
Nel frattempo, il Wall Street Journal online ha rivelato maggiori dettagli sul piano Magna e sugli accordi stretti con Gm. In particolare, se l’operazione proseguirà come previsto, Opel non farà il suo ingresso nel mercato Usa. Secondo un documento del ministero dell’Economia tedesco, inoltre, la divisione europea di Gm potrà ottenere un accesso «parziale» al mercato cinese, con la possibilità di entrare in quello canadese, anche se solo a partire dall’ottobre 2012. In base all’accordo, il consorzio guidato da Magna investirà 500 milioni in Opel, 100 milioni dei quali saranno capitale che verrà trasferito alla firma dell’intesa, e altri 400 sotto forma di prestito a interessi zero. Il gruppo Usa riceverà anche 200 milioni di euro in azioni privilegiate, a gennaio 2011, e un dividendo straordinario pari al 9% a partire dal 2013. Infine, Opel verserà a Gm 300 milioni in contanti nel gennaio del 2018.
Marchionne, intanto, ha voluto precisare, riferendosi alla decisione del governo Berlusconi di non interferire nelle trattative per Opel, che «Palazzo Chigi ha fatto quello che doveva fare: è stato lontano da questo problema e deve continuare a stare lontano fino a quando il progetto non si concretizza; solo allora ci sarà lo spazio per l’esecutivo di giocare la sua partita, visto che il progetto prevede 6 miliardi di euro di impegni da parte di Berlino e degli altri governi europei».


Una battuta anche sulle «aperture» del gruppo Psa a un’alleanza («i francesi sono anche nostri soci e abbiamo attività in comune, non c’è nulla in corso, ma tutto è possibile») e su Chrysler («sono molto soddisfatto, è un’azienda che avrà un grandissimo futuro»). Su Gm Brasile-Argentina, l’ad del Lingotto ha invece messo la parola fine: «A Detroit il nostro progetto non interessa». Il valore di Saab, invece, «era collegato a Opel».

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