Politica

Pera arriva al Meeting con la ricetta in tasca per il rilancio della Cdl

Il presidente del Senato preoccupato per le schermaglie interne: indicherà una soluzione

Mario Sechi

da Roma

Democrazia è Libertà? Sarà questo il titolo dell’intervento di Marcello Pera al meeting di Rimini che si apre domani. Quello del presidente del Senato è un intervento molto atteso non solo perché è la classica bottiglia di champagne che si infrange sulla chiglia della nave ciellina poco prima del varo, ma soprattutto perché il mondo cattolico vede in Pera il trait d’union con i laici e quella politica dalla quale da molto, troppo tempo, si attendono delle risposte e un programma per il 2006. Il mondo cattolico è alla finestra, osserva le schermaglie dei partiti, destra e sinistra in travaglio. Pera ha scelto di restarne fuori. «Il mio difetto è quello di parlar troppo chiaro» aveva detto Pera congendandosi prima delle ferie estive, durante la cerimonia del ventaglio a Palazzo Giustiniani. In quell’occasione il Presidente del Senato dribblò i temi della politica («non ne voglio parlare») lasciando trasparire un certo fastidio per il ritorno della politique politicienne e la volontà di levarsi qualche sassolino dalla scarpa. Rimini sarà il palcoscenico per ribadire il senso della missione di chi fa politica, il teatro per indicare, ancora una volta, quale deve essere «la cornice identitaria di una possibile formazione unitaria di centrodestra».
«Quella di Pera sarà la risposta alle polemiche di queste settimane, l’indicazione netta di come superare la fase di stallo», dice l’entourage del presidente.
Il presidente del Senato nei giorni scorsi ha incontrato a Roma Silvio Berlusconi. Con lui, anche Gianni Letta. Pera non nasconde la sua grande preoccupazione per la «guerra civile» che potrebbe esplodere nel centrodestra se non si trova un accordo, un nuovo modo di stare insieme. Significa esser sconfitti in partenza di fronte a un centrosinistra che non brilla affatto ed è sospeso sulla cordata delle scalate bancarie.
Pera dopo il congedo estivo ha scelto la linea del silenzio. Si è chiuso nel buen retiro di Castagneto Carducci, sulla Costa degli etruschi, e ha impegnato tutto il suo tempo nella lettura di libri. Sulla scrivania del suo studio, un libro considerato fondamentale: I caratteri dell’età contemporanea, di Roberto Vivarelli, storico della Scuola normale di Pisa. Un saggio che il gruppo di studiosi della Fondazione Magna Carta ha letto e riletto cercandovi lo spunto per indicare una strada nuova al pensiero conservatore italiano, il tentativo di fare un altro passo avanti per superare la contrapposizione laici-cattolici.
Nel discorso di Pera non mancherà un accenno agli attacchi contro la Chiesa cattolica che vengono dal fronte laicista. Sull’ora di religione, un indizio viene dalle riflessioni di Gaetano Quagliariello, storico della Luiss, direttore della Fondazione Magna Carta: «È ora di cambiare registro. Quell’ora di insegnamento deve sintonizzarsi sul futuro e non sul passato. Non è né un obbligo né una ricreazione. Deve spiegare quanto la nostra identità debba al cristianesimo; quali sono le sue specificità, fino a che punto il cristianesimo può essere inteso anche come religione civile in grado di unire chi crede e chi, invece, non ha questo dono». Sono parole che echeggiano le pagine del libro di Vivarelli, segno che Magna Carta e il suo presidente onorario, Marcello Pera, continuano a battere il sentiero dell’alleanza laici-cattolici.
Il tentativo delle sinistre di dipingere un Pera isolato nella Cdl e distante dalle posizioni di Benedetto XVI sullo scontro di civiltà, sulla risposta da dare al fondamentalismo islamico e al relativismo dell’Occidente, è giudicato come una manovra goffa. I rapporti tra Pera e Ratzinger non si sono mai interrotti. Il canale tra il presidente del Senato e il Papa è sempre aperto e pare che Benedetto XVI abbia incontrato Pera in udienza privata poco prima della partenza per la Germania.


Non sappiamo cosa si sono detti, sappiamo cosa condividono: l’Occidente non può affrontare la modernità senza recuperare le sue radici.

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