Gianni Pennacchi
da Roma
Sotto assedio da parte di avversari ed ex amici, tepidamente sostenuto dal suo stesso partito, il presidente del Senato reagisce e contrattacca. «Mi attaccano perché disturba che mi trovi in consonanza con qualcuno che sta al di là del Tevere», ha tuonato ieri Marcello Pera prendendo la parola nella sua Lucca, per la locale apertura della campagna elettorale di Forza Italia. C’erano ovviamente i parlamentari forzisti del circondario, anche Paolo Bonaiuti dunque. E non è escluso che la seconda carica dello Stato abbia calcato i toni drammatizzando il caso e il momento, proprio per la presenza del sottosegretario portavoce del premier, affinché il messaggio giunga chiaro e netto a Silvio Berlusconi. «Anche se disturbo, continuerò per la mia strada», ha promesso Pera. Quasi lasciando intendere che se non otterrà ascolto e sostegno dal leader, saprà trarne le conseguenze.
Gli è che dopo l’affaire Gesam, il presidente del Senato viene ora tirato in ballo per la nomina del presidente della Salt. Ricorderete la denuncia di Pietro Fazzi, sindaco forzista di Lucca ora sospeso dal partito, per presunte interferenze di Pera a favore dell’Enel nella vendita dell’azienda municipalizzata del gas. Ora s’è aperto un altro caso, con la pubblicazione sul Corriere della Sera di intercettazioni telefoniche tra il ministro Pietro Lunardi e l’imprenditore Marcellino Gavio, dalle quali si evince che Pera avrebbe fatto pressioni per la nomina di Roberto Bertola, sindaco forzista di Forte dei Marmi, a presidente della Società autostradale ligure-toscana. Su Fazzi, il presidente del Senato è da allora molto duro, anche ieri ha ripetuto che ormai «è alleato con la sinistra», ed ha tuonato contro Udc e An lucchesi che «nei fatti sostengono con i Ds» il sindaco. Sul caso Salt, si è difeso rigettando l’accusa di «imposizione» e spiegando che semplicemente gli era stato «chiesto un parere», dunque ha fatto «il nome di Bertola» perché «è bravo, non è solo un medico, è un buon amministratore, un sindaco che vale».
Trattasi, pur nella somma, di «un casuccio locale» ovviamente, di beghe tra frati avrebbe detto Leone X. Un «fuocherello», dice ancora lo stesso presidente del Senato, «che diventa nazionale solo perché ci sono io in mezzo, e buono per gli avversari per farlo diventare il caso Pera». Anche il coordinatore toscano di Fi, non ha dubbi e denuncia: «È in atto il tentativo di trasformare il filosofo Marcello Pera in un affarista». Un attacco concentrico, se non addirittura un complotto? Di certo una «campagna denigratoria in vista delle elezioni politiche» alla quale Pera non intende soccombere, e alla quale ha deciso di reagire.
Perché il presidente del Senato è sotto tiro proprio nella sua Lucchesia? Lo ha spiegato egli stesso pubblicamente, nell’albergo cittadino dove si teneva la manifestazione: «Mi attaccano perché disturba che mi trovi in consonanza con qualcuno che sta al di là del Tevere. Mi attaccano perché disturba quello che faccio, che io mi interessi al territorio in modo trasparente. Oppure disturbano altre cose: le mie posizioni sulla bioetica e sulla procreazione assistita, le mie posizioni contro il laicismo deteriore, quelle di politica estera sull’America e su Israele, sull’Europa che definisco fittizia e senza nerbo. Disturba quel che penso e dico sull’integrazione degli islamici, in difesa dell’identità occidentale e della nostra formazione giudaico-cristiana e liberale. Bene, se disturba tutto questo, cari avversari, dico che dovete prepararvi, perché ho una lunga serie di impegni di disturbo». L’impegno a non fermarsi però, è indirizzato anche e ancor di più al suo partito, «perché su questi terreni si gioca l’identità di Forza Italia e il risultato delle elezioni politiche. Se c’è qualcuno dentro Forza Italia che ancora questo non l’ha capito, si prepari ad essere disturbato». Queste ultime parole, assicurano gli astanti, Pera le ha pronunciate col tono di chi è pronto anche a sbattere la porta.
Resta da immaginare quali passi potrebbe compiere se il suo sfogo non producesse risultati apprezzabili sullo scenario nazionale. È da escludere un passaggio di fronte così come una sua adesione alla lista dei «radicali liberi», perché per quanto sodali di un tempo e amici stimati, Benedetto Della Vedova e Marco Taradash son troppo laici ed ormai diversi da lui.
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